Pictet AM, puntare sul tech azionario

Il settore tech è sempre al centro delle attenzioni dei gestore. In tema analizziamo il commento Asset allocation: il ruolo dominante del settore tecnologico, a cura della Strategy unit di Pictet Asset Management.

Le azioni continuano ad avere un bell’aspetto

La resilienza dell’economia statunitense e la lentezza dell’inflazione nel tornare all’obiettivo della Federal Reserve statunitense ci motivano a continuare a sovrappesare l’azionario e a rimanere neutrali sulle obbligazioni. Restiamo dell’opinione che la crescita economica rallenterà nel corso dell’anno, ma con una tempistica più lunga. I profitti societari rimangono vivaci e la Fed ha più volte segnalato che non intende allentare prematuramente la sua politica monetaria. Quindi, se alcuni mesi fa consideravamo interessanti le valutazioni obbligazionarie, ora le riteniamo eque, mentre le prospettive a breve termine per le azioni rimangono incoraggianti. Infatti, gli utili delle società quotate a livello mondiale hanno risposto in modo positivo al miglioramento dei dati economici statunitensi.

Fig. 1. Griglia mensile dell’asset allocation
Marzo 2024

Fonte: Pictet Asset Management

I nostri indicatori dell’attività di business mostrano che l’economia statunitense è più forte di quanto avevamo previsto in precedenza e questo è uno dei motivi per cui continuiamo a sovrappesare le azioni globali. Se i consumatori statunitensi continueranno a spendere molto più di quanto mettono da parte (il tasso di risparmio statunitense attualmente si aggira intorno al 3-4% del reddito disponibile rispetto al 7-10% storico), è probabile che rimangano elevate ancora per qualche tempo sia la crescita che le pressioni inflazionistiche. Un’inflazione persistente resta probabile, a causa dell’aumento dei prezzi dei servizi e dell’innalzamento dei salari. Nel complesso, però, riteniamo che la spesa dei consumatori e delle imprese prima o poi scenderà, convergendo con quelle parti dell’economia statunitense che mostrano già debolezza, come il settore degli immobili residenziali.

A differenza degli Stati Uniti, negli ultimi mesi l’eurozona è stata a un passo dalla recessione a causa della fiacca attività manifatturiera. Tuttavia, una ripresa della crescita è probabile, poiché sono ormai venute meno le preoccupazioni relative agli shock post-Covid lungo le catene di approvvigionamento e all’impatto della guerra in Ucraina. L’economia britannica si trova, invece, in un momento di stagnazione, a causa delle difficoltà nel settore dell’edilizia e della disoccupazione in aumento. A ciò si aggiungono segnali che indicano che le aspettative inflazionistiche stanno iniziando a risalire, ostacolando così la possibilità per la Bank of England di tagliare i tassi d’interesse. Anche l’economia giapponese mostra i primi segnali di difficoltà. Le vendite al dettaglio e gli ordinativi di macchinari diminuiscono e la produzione industriale è ancora molto debole. Ciononostante, si prevede che il Giappone cresca ancora in misura vicina al suo potenziale a lungo termine, mentre il lungo periodo di deflazione dovrebbe essere finalmente finito.

Una conferma del sovrappeso azionario giunge dai nostri indicatori di liquidità, che mostrano un aumento a breve termine dell’offerta di liquidità sia da parte delle banche centrali che del settore privato. Anche la Snb, la banca centrale svizzera, ha iniziato il passaggio dal quantitative tightening all’easing; nonostante questo, resta il dubbio in merito alle tempistiche di questo allentamento. I segnali provenienti dalla Fed catalogano come più bassi i rischi derivanti da un’attesa prolungata dei tagli dei tassi che non quelli derivanti da tagli prematuri che costringerebbero poi a invertire la rotta. Per quanto riguarda il credito privato, le banche stanno iniziando ad allentare le condizioni dei prestiti. Sono solo le prime avvisaglie, ma la direzione è chiara. La questione è però di grande importanza. Altrove, la banca centrale cinese ha accelerato il ritmo di allentamento della sua politica monetaria, sinora moderato, ma tiene sotto controllo ogni possibile segnale di instabilità valutaria, cosa che probabilmente limiterà la portata dell’easing. Per il momento, tuttavia, si concentra su un’offerta di credito mirata.

I nostri indicatori di valutazione mostrano che il livello al quale scambiano le azioni è il più caro da dicembre 2021. I multipli delle azioni statunitensi (20,5 volte gli utili) sono considerevolmente superiori al 17,5 della media a 10 anni, i margini di crescita appaiono quindi limitati. Certo, gli utili societari sono stati robusti e le proiezioni degli analisti per il 2024 sono ora più ragionevoli, considerato che la crescita globale rimane resiliente. Le obbligazioni sono di poco più interessanti: i titoli di Stato statunitensi corrispondono al loro fair value e anche i Treasury protetti dall’inflazione sono negoziati a livelli più congrui. Appaiono interessanti anche i gilt, sebbene vulnerabili alle novità in arrivo dal prossimo bilancio. I nostri indicatori tecnici mostrano che le azioni continuano ad essere sostenute dalla forza del trend; le obbligazioni hanno perso un po’ di slancio, mentre i bond cinesi risultano ipercomprati. Tuttavia, i dati sul posizionamento degli investitori mostrano un quadro meno positivo per gli asset più rischiosi. I sondaggi di mercato indicano che la propensione al rischio degli investitori professionali è saldamente rialzista, con i Fund Manager che hanno ridotto le loro posizioni in liquidità e mostrano ora il loro sovrappeso azionario più alto degli ultimi due anni. Inoltre, i flussi di portafoglio verso i fondi azionari e obbligazionari sono stati robusti, mentre sono rallentati quelli verso i fondi del mercato monetario. Tutto ciò suggerisce che lo spazio a disposizione del mercato per continuare il suo rally è diminuito.

Regioni e settori azionari: il magnifico dominio della tecnologia

Tra le azioni globali si apre una forbice. Da un lato ci sono i titoli IT, dominati dalle aziende tecnologiche dette le “magnifiche sette” (Apple, Microsoft, Amazon, Alphabet, Nvidia, Meta e Tesla). Dall’altro c’è quasi tutto il resto. Il rally degli ultimi 12 mesi del settore tecnologico è stato pari a circa il 50%, più del doppio di quanto guadagnato dall’intero mercato azionario mondiale. Di conseguenza, le valutazioni appaiono già molto elevate: la tecnologia è il settore più costoso nel nostro modello e i “magnifici sette” sono negoziati con un rapporto price/earnings di 29 volte, rispetto alle 18 volte del resto dell’S&P 500. È chiaro che parliamo di un livello costoso, ma pensiamo che il dominio della tecnologia possa durare ancora perché, in questo caso, l’esuberanza del mercato è sostenuta dai fondamentali.

Nella recente stagione degli utili, la tecnologia ha chiaramente dominato, soprattutto grazie alla crescita stellare dell’intelligenza artificiale. Nell’S&P 500, l’89% delle società tecnologiche ha battuto le stime sugli utili trimestrali (per l’indice questa percentuale è di solito del 77%). La cosa fondamentale, inoltre, è che le prospettive per i profitti futuri rimangono brillanti. La nostra analisi suggerisce che, una volta considerate le previsioni di utili degli analisti, i “magnifici sette”, rispetto al resto del mercato, non sono così costosi come potrebbe sembrare in un primo momento (Fig.2). Per queste ragioni, manteniamo il nostro sovrappeso sulla tecnologia e sui servizi di comunicazione; quest’ultimo offre un’esposizione a tendenze tecnologiche simili, ma a valutazioni più appetibili.

Fig.2 – Utili elevati
Rapporto P/E a 12 mesi dei “magnifici sette” rispetto al resto del mercato statunitense

Fonte: Refinitiv DataStream, MSCI, IBES, Pictet Asset Management. Dati relativi al periodo dal 25/02/2017 al 25/02/2024.

Il predominio della tecnologia ha implicazioni anche per la performance dei mercati azionari regionali e nazionali. Dovrebbe, ad esempio, offrire un certo sostegno al mercato statunitense, dove i servizi tecnologici e di comunicazione costituiscono circa il 38% dell’S&P 500. Quindi, pur ritenendo costose le azioni statunitensi, i solidi fondamentali della tecnologia ci fanno sentire a nostro agio nel mantenere una posizione neutrale sulle azioni USA. Per contro, la bassa esposizione tecnologica del mercato britannico (tecnologia e telecomunicazioni rappresentano solo il 2% del FTSE 100) è uno dei motivi per cui abbiamo deciso di declassare a sottopeso le azioni britanniche. Il contesto economico domestico è diverso. Riteniamo che l’economia britannica non crescerà affatto nel 2024. Nuove elezioni incombono e non è chiaro se l’economia potrà godere in tempi brevi di un sostegno monetario o fiscale: una situazione scomoda per il mercato azionario locale. Infine, anche la dinamica degli utili azionari della regione resta fiacca. Per il resto, manteniamo il sovrappeso su Giappone e Svizzera. Il Giappone è sostenuto dai venti strutturali favorevoli delle riforme societarie, da un’economia che sta riemergendo dalla deflazione e da uno yen ancora debole. La Svizzera, intanto, offre esposizione a titoli di qualità a un prezzo ragionevole. Allo stesso tempo, considerata la resilienza costante dei consumatori statunitensi e la potenziale ripresa della spesa europea, abbiamo portato i titoli dei beni di consumo voluttuari a neutrali e declassato (sempre a neutrali) i beni di prima necessità.

Panoramica dei mercati globali: Giappone e tecnologia in testa

A febbraio, le azioni hanno sovraperformato le obbligazioni di un margine considerevole: le azioni sono state spinte in alto dai solidi risultati trimestrali societari, mentre i mercati del reddito fisso sono stati turbati dall’inaspettata forza dei dati sull’inflazione. L’indice Msci World ha guadagnato quasi il 5% in valuta locale. I titoli di Stato statunitensi e dell’eurozona hanno perso complessivamente circa il 2%.

Tra i mercati più performanti ritroviamo le azioni giapponesi. Il Nikkei ha superato il suo massimo del 1989 e ha registrato un aumento del 17,5% rispetto all’anno precedente; anche l’indice Topix ha chiuso a un livello record. Negli ultimi mesi, i mercati azionari giapponesi hanno attratto investimenti per svariati motivi, tra cui un continuo miglioramento della corporate governance e un deprezzamento dello yen che ha potenziato gli utili delle sue aziende esportatrici quotate. Sono aumentati anche i flussi verso i mercati giapponesi, poiché gli investitori esteri si sono allontanati dalla Cina, dove le tensioni geopolitiche sino-americane e il calo dei prezzi degli immobili hanno colpito i prezzi delle azioni. Un altro dei punti di forza dei mercati azionari è stato il settore tecnologico. L’indice tecnologico Nasdaq ha toccato un massimo nell’ultimo giorno di negoziazione del mese di febbraio, con investitori incoraggiati da sorprendenti risultati trimestrali da parte di una serie di aziende tecnologiche, tra cui il produttore di chip Nvidia, che ha affermato come la domanda di Intelligenza Artificiale ha contribuito a incrementare i suoi ricavi di quasi il 250% su base annua.

Fig.3 – L’ascendente del Giappone
Indice dei prezzi Nikkei 225 e periodi di recessione in Giappone

Fonte: Refinitiv DataStream, Pictet Asset Management. Dati relativi al periodo dal 31/01/1960 al 25/02/2024.