Mercati, rischio di recessione scongiurato? La view di JP Morgan AM

Le attuali quotazioni di mercato sono piuttosto ottimistiche e le probabilità di una recessione calano. Il team Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di J.P. Morgan AM esamina di seguito se tale scenario è giustificato.

I fondamentali

Mentre gli investitori concludono la loro pausa estiva, nell’ultimo simposio di Jackson Hole le Banche Centrali hanno ribadito di voler formulare le prossime decisioni di politica monetaria in base all’andamento dei dati, ma non hanno fornito indicazioni chiare sulla direzione di marcia. Gli ultimi dati congiunturali continuano a segnalare uno stato di debolezza. Inaspettatamente, gli indici globali dei responsabili degli acquisti(PMI), intrinsecamente prospettici, si sono mossi al ribasso: l’Eurozona ha fi nito col registrare un calo nel settore dei servizi e il Regno Unito ha deluso notevolmente le aspettative sui prezzi alla produzione e i nuovi ordini. Anche il mercato del lavoro ha iniziato a mostrare segnali di allentamento, con la crescita dei posti di lavoro in leggera decelerazione e dati del Conference Board inferiori al previsto. Si ha come l’impressione che le Banche Centrali dei Mercati Sviluppati abbiano orchestrato uno scivolamento morbido dell’economia verso una crescita rallentata, dove i dati congiunturali si indeboliscono gradualmente, ma non segnalano grosse falle. Tuttavia, non dimentichiamo gli insegnamenti del passato in materia di politica monetaria. La storia insegna che quando la Federal Reserve (Fed) conclude il suo ciclo di inasprimento, spesso la prima sensazione che si ha è che abbia realizzato un atterraggio morbido, almeno per il primo momento. Gli anni 2000-2001 e 2006-2007 sono esempi di cicli inizialmente valutati con ottimismo, ma sui quali ci si è dovuti ricredere subito dopo.

Valutazioni quantitative

La mancanza di certezze si è tradotta in una forte volatilità dei mercati obbligazionari per gran parte del 2023. Nelle ultime settimane, alla volatilità si è aggiunto un altro rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato: i Treasury decennali americani sono tornati a sfiorare i massimi del ciclo al 4,30%, a testimonianza che il mercato si aspetta che la tesi di un atterraggio morbido si sposi con uno scenario di tassi “più alti, più a lungo” che manterrà i rendimenti su livelli elevati. Nell’ipotesi di un atterraggio morbido, con lo slittamento delle future manovre di inasprimento i rendimenti obbligazionari potrebbero salire prima di stabilizzarsi, per poi scendere gradualmente man mano che l’economia rallenta anziché crollare. Tuttavia, qualora dovessero emergere falle nell’economia, il mercato potrebbe riposizionarsi per una recessione, con rendimenti obbligazionari complessivamente più bassi e ritorni sugli investimenti potenzialmente molto positivi. Sebbene sia questo lo scenario di base per il quale ci siamo posizionati, riconosciamo che il momento in cui la Fed inizierà a ridurre i tassi potrebbe essere un po’ più lontano di quanto gli investitori non avessero inizialmente previsto.

 

Fattori tecnici

Un altro fattore che ha recentemente spinto al rialzo i rendimenti dei titoli di Stato sembra avere natura tecnica. L’aumento del tetto del debito statunitense ha fatto lievitare, nelle ultime settimane, i livelli di emissione che dovevano essere assorbiti dal mercato mentre la maggior parte degli investitori era in pausa estiva. Quanto al posizionamento, gli ultimi risultati dell’indagine sui trader di J.P. Morgan indicano che il mercatosi è posizionato attorno ai margini – passando da marginalmente lungo di duration a marginalmente corto – in linea con la tesi fondamentale di tassi che resteranno “più alti, più a lungo”.

Cosa significa per gli investitori obbligazionari?

A prescindere dal fatto che la Fed e le Banche Centrali dei Mercati Sviluppati siano riuscite a pilotare un atterraggio morbido o l’entrata in recessione nel 2024, riteniamo che il recente riprezzamento dei rendimenti obbligazionari dovrebbe convincere gli investitori a scommettere sul reddito fisso. Continueremo a monitorare non solo l’inflazione e le dinamiche del mercato del lavoro, ma anche i potenziali segnali di allarme che provengono dai settori più deboli, restando posizionati per una traiettoria di fine ciclo.