A cura di Peter De Coensel, Cio Fixed Income di Dpam
L’espressione “obbligazioni noiose” si riferisce, tra le altre cose, al misterioso rapporto tra rendimenti obbligazionari apparentemente bassi e l’eccitazione legata a comprovati rendimenti più elevati offerti dagli investimenti azionari. In effetti, su un orizzonte temporale di oltre 100 anni, gli investimenti azionari hanno dimostrato di offrire un premio di rischio aggiuntivo. L’onestà intellettuale richiede però di sottolineare che tale premio di rischio aggiuntivo si cristallizza solo quando non ci si sottrae mai all’esposizione al mercato. Bisogna essere sempre “sul mercato”. Nelle obbligazioni, quando ci si limita a ritagliare le cedole in uno stile di gestione buy and hold, gli investitori potrebbero annoiarsi. Ma, attenzione, gli investimenti obbligazionari diversificati hanno prodotto interessanti rendimenti corretti per il rischio su orizzonti lunghi.
Guardando indietro agli ultimi 21 anni i rendimenti totali annuali si accumulano come segue (espressi in euro): i titoli di Stato dell’Eurozona registrano un rendimento annualizzato del 4,52%. Le obbligazioni societarie europee non sono state in grado di sfruttare il rischio di credito supplementare e hanno registrato un rendimento annualizzato del 4,10%. I titoli europei ad alto rendimento hanno un rendimento annualizzato del 5,35% sotto un profilo di volatilità sostanzialmente più elevato rispetto ai titoli di Stato. L’indice di rendimento totale delle azioni dell’Eurozona Msci registra un 2,98% annualizzato, spingendo verso il 3,55%, se si considera l’Europa come universo. In termini di euro, il rendimento totale dell’indice Usa S&P 500 termina al 6,78%, mentre il Nasdaq, ad alto contenuto tecnologico, ha fornito l’8,78%. L’obiettivo di questo confronto non è quello di sminuire la superiorità in termini di rendimento degli investimenti azionari rispetto alle obbligazioni. Questo è stato chiaramente il caso delle azioni statunitensi, ma non di quelle quotate nell’Ue. Il punto è che la gestione attiva delle obbligazioni ha prodotto un risultato eccezionale negli ultimi due decenni. Gli investitori avveduti ne hanno tratto pieno vantaggio, mentre il pubblico in generale è stato tenuto poco informato.
Il principale timore che gli investitori obbligazionari devono affrontare è quello di un improvviso aumento dei tassi di interesse a lungo termine. Infatti, picchi temporanei dei tassi di base a lungo termine potrebbero causare una correzione momentanea dei valori del portafoglio obbligazionario. La ripresa in questo caso sarebbe certa, dato il “reinvestimento” a tassi più elevati. Tuttavia, l’impatto sulle classi di attivi di rischio potrebbe essere ancora più importante, poiché l’argomentazione “tassi bassi più a lungo” viene utilizzata (o utilizzata in modo improprio) per spiegare le valutazioni elevate.
La questione centrale non è quanto a lungo i tassi rimarranno negativi o al limite dello zero. In questo scenario, i prezzi di mercato subiranno un rialzo di 10 punti base da parte della Bce intorno al primo trimestre del 2026. Il tasso di deposito dovrebbe diventare positivo entro il primo trimestre del 2029. La banca centrale statunitense dovrebbe alzare i tassi di politica monetaria entro l’estate del 2024. Si tratta di tempo lunghissimo per molti operatori del mercato. Quindi, la questione chiave oggi, che comporta un livello di incertezza più elevato, è come le curve dei rendimenti potrebbero diventare ripide a fronte della ripresa economica e di letture dell’inflazione più elevate.
Riteniamo che ci saranno scarsi movimenti di irripidimento della curva dei tassi nei prossimi due trimestri. Essa, infatti, rimarrà piuttosto bassa a causa della presenza delle banche centrali ancora molto forte. Quindi, più tempo il mercato impiega a valutare tali rischi di mercato, più alto è il valore che si riesce a recuperare grazie al cosiddetto roll-down sulla curva, soprattutto nel medio termine.
L’articolo Le obbligazioni sono noiose? L’outlook di Dpam proviene da Finanza Operativa.