“Sell in may and go away”? Non questa volta

La recente eclissi solare ha catturato un sacco di occhi (letteralmente), il che è logico considerando la rarità dell’evento. Ma si sta verificando un altro evento raro, almeno negli ultimi tempi: il mercato azionario sta scendendo.

Ciò solleva le seguenti domande: che succede con i prezzi al consumo? E questi ultimi dati sull’inflazione stabiliscono un nuovo corso più debole per i prezzi delle azioni? Riteniamo che questo rally prima o poi si sarebbe dovuto fermare, anche se siamo convinti che in generale ci siano ancora buone ragioni affinché gli investitori guardino in alto.

L’elemento principale che ha tenuto banco negli ultimi giorni (oltre alla situazione geopolitica) è stato l’ultimo rapporto dell’indice dei prezzi al consumo (CPI) statunitense, che fornisce uno sguardo nuovo sull’importantissima tendenza dell’inflazione. I risultati non sono stati quelli sperati dai mercati, con un indice dei prezzi al consumo cresciuto più del previsto.

Uno sguardo ai fattori sottostanti dipinge comunque un quadro meno preoccupante, ma la conclusione rimane comunque che l’inflazione non si stia moderando abbastanza velocemente da consentire alla Fed di tagliare immediatamente i tassi. Ci preme tuttavia sottolineare che la discesa dell’inflazione, più lenta del previsto, è principalmente una funzione di un’economia forte e di una domanda sana.

I prezzi dei servizi rimangono l’unico neo, con aumenti particolarmente consistenti delle spese mediche e dei premi assicurativi che hanno avuto un ruolo importante lo scorso mese. Pur non essendo compreso nell’inflazione core, il recente aumento dei prezzi del petrolio sta tuttavia alimentando anche i timori di una rinnovata pressione al rialzo sull’IPC complessivo.

È incoraggiante che i prezzi delle auto siano scesi e che il ritmo dell’inflazione degli affitti si sia nuovamente moderato, toccando il livello più basso da giugno 2022. La deflazione dei beni di consumo negli ultimi 18 mesi è stato un fattore chiave della moderazione dell’inflazione complessiva, così come quella dei beni durevoli che rimangono in territorio deflazionistico. Riteniamo che questa tendenza rifletta il risanamento delle catene di approvvigionamento e un aumento della produzione manifatturiera.

La conclusione generale sulle prospettive di inflazione è che il CPI statunitense sta perdendo parte del suo slancio al ribasso. Il ritmo della moderazione si è stabilizzato negli ultimi mesi, in parte per il graduale esaurirsi dell’aiuto derivante dal calo dei prezzi dei beni. Ciò significa che la fase successiva richiederà maggiore aiuto da parte degli alloggi e dei servizi in generale.

Gli ultimi dati sugli affitti suggeriscono che c’è più spazio per migliorarne i prezzi il che sarebbe un gradito sollievo. I prezzi dei servizi potrebbero invece rimanere un po’ vischiosi poiché continuano a riflettere un contesto sano della domanda dei consumatori.

I dati sull’inflazione vengono esaminati attentamente dalla Fed che tuttavia vede complicarsi i propri piani di tagliare i tassi, ma non elimina però la prospettiva più ampia di un allentamento della politica monetaria entro la fine dell’anno.

Guardando al 2024, più volte abbiamo evidenziato che la nostra opinione era che i mercati fossero fin troppo ottimisti riguardo ai tempi e all’entità dei tagli. I mercati prevedevano sei tagli dei tassi nel 2024, di cui il primo a marzo. La nostra aspettativa era che il primo taglio sarebbe avvenuto probabilmente a giugno, con qualcosa di più vicino a tre tagli dei tassi nella seconda metà dell’anno.

Considerata la serie di rapporti sull’indice dei prezzi al consumo più solidi del previsto all’inizio dell’anno, riteniamo che i dati di marzo eliminino del tutto la possibilità di un taglio a giugno. Inoltre, crediamo che a questo punto la Fed avrà bisogno di diversi mesi di prove del fatto che l’inflazione rimane in una tendenza al ribasso prima di iniziare ad allentare la politica monetaria.

Crediamo che ci siano almeno due elementi importanti da evidenziare:

  • la prossima mossa della Fed sarà un taglio: dovremo solo aspettare ancora un po’. Il quadro generale prevede ancora un allentamento della politica monetaria quest’anno, una forza utile per l’economia e i mercati finanziari;
  • mentre i mercati sono ansiosi per il primo taglio dei tassi, è molto più prudente che la Fed si prenda il suo tempo e si assicuri che l’inflazione scenda in modo sostenibile. L’esito peggiore per i mercati, a nostro avviso, sarebbe che la Fed agisse prematuramente, rischiando di alimentare l’inflazione, per poi tornare ad aumentare i tassi. Abbiamo già visto quel film (anni ’70) e non è andato bene.

Sembra che le azioni abbiano perso un po’ di slancio finora nel mese di aprile, ma la recente debolezza è appena percettibile se paragonata anche alle normali flessioni del mercato. Non saremmo sorpresi se gli investitori utilizzassero questa ricalibrazione delle aspettative sui tassi della Fed come scusa per prendere una pausa, ma per noi i fondamenti del più ampio trend rialzista dei titoli azionari rimangono intatti.

I cali del mercato, anche quelli modesti, non sono mai piacevoli. Ma è importante sottolineare che, tutto considerato, le azioni si stanno comportando abbastanza bene, dato il considerevole aggiustamento nelle aspettative di taglio dei tassi.

Negli ultimi due anni, abbiamo visto il mercato azionario reagire bruscamente al ribasso quando i dati o i commenti indicavano che la Fed avrebbe dovuto inasprire ulteriormente la politica o mantenerla restrittiva più a lungo. Riteniamo che sia un segnale positivo che finora nel 2024 i mercati abbiano ridotto significativamente le aspettative di tagli dei tassi della Fed – da sei all’inizio dell’anno a due a partire dalla scorsa settimana – senza drammatici capricci.

Il motore principale è chiaramente un’economia che continua a mostrare segnali di forza, supportando le prospettive di crescita degli utili aziendali, nonostante la politica monetaria sia destinata a rimanere restrittiva ancora per un po’.

L’adagio del mercato “sell in may and go away” può suonare bene, ma è molto più una rima che una ragione. L’antiquato detto si basa sull’idea che il mercato azionario è più debole durante l’estate. Detto questo, con l’avvicinarsi di maggio, prossimo alla soglia di un terzo per il 2024, riteniamo che la prospettiva storica sia istruttiva.

L’estate porta con sé lo spostamento verso i viaggi e il tempo libero, ma il mercato non fa le valigie. Negli ultimi quattro decenni, il rendimento medio del mercato azionario da maggio ad agosto è stato un rispettabile 3,4%. Il mercato è stato più alto in più di tre quarti di quei periodi estivi, con i migliori guadagni da maggio ad agosto avvenuti nel 1987 (+16%), 2009 (+18%) e 2020 (+21%). I periodi peggiori sono stati nel 1998 (-14%), 2002 (-14%) e 2010 (-11%).

L’esperienza storica del mercato non supporta quindi né il “sell in may” né il “go away”. I cali dell’estate scorsa non sono stati semplicemente cali stagionali, ma sono stati spesso parte di fasi più ampie di debolezza del mercato, come è avvenuto nel 2022.

A cura di Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim