Oro come valuta di ultima istanza

 

“Il prezzo dell’oro è aumentato notevolmente da inizio anno. E ci sono delle buone ragioni, non solo dallo scoppio del Covid-19″. Ad affermarlo è Philipp Vorndran, Capital Market Strategist di Flossbach von Storch, che di seguito dettaglia la propria view e il proprio outlook sul metallo.

Per noi l’oro non è solo un investimento inteso come una fonte di rendimento. Per noi come investitori l’oro è molto di più, è una protezione contro i rischi noti e meno noti del sistema finanziario. Ci piace paragonarlo ad una polizza antincendio, ci rassicura il sapere di possederne una anche se speriamo di non avercene mai bisogno. Lo stesso vale per l’oro.

Per questo non ne monitoriamo quotidianamente il prezzo. È vero, i nostri mandati multi-asset beneficiano dell’aumento delle quotazioni aurifere, come quello che si è registrato di recente, ma è altrettanto vero che non ci preoccupiamo troppo se il prezzo si muove temporaneamente nella direzione opposta. In pratica non pensiamo in dollari o in euro – per lo meno non subito – ma piuttosto in once e lingotti. E ragioniamo in un’ottica di lungo periodo. Ma perché allora serve un’assicurazione contro gli incendi? Quali sono i rischi all’orizzonte?

L’oro non è un “metallo di crisi”

Forse è bene iniziare con i rischi, che non sono i rischi che intendiamo noi. Ad esempio, i rischi politici come la Brexit, i conflitti tra Stati o come le infinite dispute in Medio Oriente. In altre parole, tutto ciò che può essere riassunto in senso lato con la parola “crisi”. A differenza di quanto spesso erroneamente viene affermato, l’oro non è un “metallo di crisi”. Dal lato di un investitore, per quanto possa sembrare strano, è del tutto irrilevante se il Regno Unito abbandona o meno l’UE.

L’oro è piuttosto un “bene di fiducia”, di rifugio, una valuta e non solo, è la valuta di ultima istanza. Questo metallo prezioso, infatti, è particolarmente richiesto quando le valute sono deboli – uno scenario che in futuro si prospetta di diventare molto frequente. Quando la fiducia nella carta moneta inizia a vacillare e il costo della vita si fa improvvisamente molto più elevato. Basta chiedere a chi possiede oro in Turchia. Da anni il paese è in preda ad una forte inflazione, il che è un bene per coloro che hanno investito parte del patrimonio in attività liquide di prim’ordine come le azioni di qualità o per l’appunto, in oro. Negli ultimi dieci anni, il suo prezzo in lire è decuplicato. La storia ci insegna come l’oro sia un’ottima protezione contro l’inflazione, già da migliaia di anni.

Il problema dell’inflazione è che è difficile da prevedere, sono troppi i fattori che la causano. E come spesso accade con molte altre cose, le previsioni vanno “prese con le pinze”. Alcuni elementi, infatti, concorrono a smorzare l’inflazione mentre altri la alimentano. Il cambiamento demografico nei paesi industrializzati ad esempio, ha un effetto deflazionistico: in una società che invecchia, la domanda dei beni cala, ostacolando cosi l’andamento dei prezzi.

Le banche centrali risvegliano il timore dell’inflazione

Ad alimentare l’inflazione, almeno in teoria, sono invece le politiche monetarie accomodanti delle banche centrali. Più denaro è in circolazione, più alta è la probabilità che i prezzi aumentino. In realtà negli ultimi anni, la politica delle banche centrali ha spinto al rialzo non tanto i prezzi dei beni, ma piuttosto quelli degli asset, come emerge regolarmente dall’indice dei prezzi degli attivi per la Germania condotta dal Flossbach von Storch Research Institute. Le quotazioni delle azioni e degli immobili ad esempio, sono fortemente aumentate in Germania.

In tutto questo, il Covid-19 potrebbe fungere da acceleratore, facendo lievitare ulteriormente i prezzi delle merci. Da un lato, perché le banche centrali continuano a fornire stimoli per finanziare a lungo termine il debito pubblico in rapida espansione in molte economie, dall’altro lato perché il lockdown globale ha pressoché distrutto le catene di fornitura, ora ripristinabili con molta difficoltà. Una domanda in costante aumento si scontra quindi con una carenza di offerta, con possibili conseguenze sui prezzi. Ma che entità avrà questo impatto?

La nostra previsione sull’inflazione non è spettacolare. Al contrario di alcuni pessimisti dei giorni nostri, noi non crediamo che i tassi d’inflazione schizzeranno alle stelle. Ci sembra più verosimile un aumento moderato, per quanto comunque evidente. Le nostre stime si aggirano attorno ad un probabile 3-4%, che nel contesto storico attuale non è affatto un picco. Ma comunque sarebbe un livello che “fa male” soprattutto ai risparmiatori, che non potrebbero più contare nemmeno sugli interessi dei depositi nominali. Il loro potere d’acquisto sta diminuendo.

Tuttavia, meglio non aspettarsi che le banche centrali intervengano con un aumento dei tassi d’interesse, non appena l’inflazione riprenderà a salire. Di recente infatti il governatore della Federal Reserve (Fed) statunitense, Jerome Powell, ha annunciato la sostituzione del target d’inflazione del 2% con un target legato al livello dei prezzi. In altre parole, visto che l’inflazione è rimasta per lungo tempo al di sotto del target, dovrebbe in futuro poterlo “superare” e per un lasso di tempo anche maggiore. Ecco perché sarà sempre più improbabile assistere a cospicui aumenti dei tassi d’interesse.

Non si può escludere che prima o poi la gente finirà per diffidare del sistema monetario, che comincerà ad accumulare beni materiali invece di valori nominali oppure ancora che ad un certo punto gli verranno svuotati i loro conti in banca. Una tale perdita di fiducia avrebbe gravi conseguenze, non solo sul sistema monetario ma per l’intera società. A quel punto infatti, bisognerebbe ricorrere infatti ricorrere alla “polizza antincendio” e si manifesterebbe quindi esattamente quella situazione che si spera non possa mai verificare – nonostante l’assicurazione.

Il trend dell’oro, prezzo spot, nel lungo periodo – Grafico in scala similogaritmica su base mensile dal 1990

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