Novelli (Lemanik): “Il caso GameStop è solo l’ultima dimostrazione che il mercato Usa è fuori controllo”

Altro che finanza democratica, altro che trader indipendenti contro i colossi speculativi della finanza. “Il mercato finanziario americano è completamente fuori controllo e sottoposto a manipolazioni di ogni tipo”. E il caso GameStop ne è solo l’ennesima e più recente dimostrazione. Non usa mezzi termini Maurizio Novelli, gestore del fondo Lemanik Global Strategy, che in questa intervista lascia intendere come lo scoppio della bolla dell’azionario d’oltreoceano sia ormai soltanto questione di tempo.

Che idea si è fatto rispetto alla notizia del boom a Wall Street del titolo GameStop grazie al fenomeno dello short squeeze?

Maurizio Novelli

Più che un’idea ho avuto delle conferme che l’attuale contesto del mercato finanziario americano è completamente fuori controllo e sottoposto a manipolazioni di ogni tipo. Ormai sono almeno due anni che sottolineo queste cose. Società quotate che spendono il 50% dei profitti per acquistare le proprie azioni in borsa, salvo poi ricorrere ad aiuti di Stato quando le cose si mettono male. Bilanci societari conformi ai più alti livelli di fantasia contabile, che riescono a esprimere utili dove invece ci sono delle perdite. Un mercato azionario dove solo il 30% dei volumi passa da Wall Street, mentre il 70% viene scambiato su piattaforme informatiche di contrattazione di proprietà delle banche. Liquidità e best execution sono quindi seriamente compromessi. Una colossale attività speculativa basata sul modelli quantitativi e algoritmi con orizzonte temporale di brevissimo termine (si legga Flash Boys di M. Lewis) che ormai fanno il 70% dei volumi giornalieri. Un rimanente 20% è fatto dal retail trading che, al momento, ha preso a prestito 850 miliardi di dollari per fare leva al rialzo sul mercato azionario (il record di tutti i tempi). Le grandi banche d’investimento che entrano nel business del retail trading perché la predisposizione al “gioco in borsa” è attualmente un fenomeno di massa molto redditizio.

Potrebbe il fenomeno dello short squeeze essere il catalizzatore capace di far scoppiare la bolla?

Più che un potenziale catalizzatore per procurare una crisi, al momento lo vedo come un fenomeno molto pericoloso per la credibilità e la reputazione, ormai già molto bassa, del mercato finanziario americano. Se lei fosse un cliente di un grande hedge fund long short equity che ha subito delle ingenti perdite a causa di questi fenomeni di manipolazione, che cosa farebbe?

Semplificando al massimo, il fenomeno dello short squeeze può essere anche visto come uno dei rari casi di main street che prevale su Wall Street.

Se due o più persone si accordano per procurare artificialmente movimenti di prezzo su una attività finanziaria commettono un reato di manipolazione di mercato. Il fatto che alcuni operatori abbiano avuto accesso alle posizioni di alcuni hedge fund e, in base a tali informazioni riservate, si siano accordati per provocare movimenti al rialzo su questi titoli per danneggiare altri operatori è di norma un reato finanziario. Questo evento espone i grandi fondi a rischi operativi che potrebbero indurli a ripensare la partecipazione a un mercato non più trasparente già da molto tempo.

Secondo lei, se la comunità dei millennial e dei piccoli risparmiatori più attenti alla sostenibilità utilizzassero tali piattaforme per diffondere il messaggio “compra questo titolo” spiegandone le ragioni, potrebbe inaugurarsi l’era di una finanza meno speculativa e più aderente all’economia reale rispettosa dell’ambiente e per questo giustamente premiata nelle valutazioni?

In base agli eventi recenti non mi pare proprio. Da quando è scoppiata la crisi indotta dal Covid, i titoli delle società in bancarotta sono quelli che sono saliti di più, aumentando ulteriormente lo scostamento dai fondamentali del mercato più caro del mondo, la Borsa Usa. Questi movimenti sono stati procurati proprio dal retail. Anche il mercato delle Ipo riesce a collocare titoli di società con modelli di business che non producono utili e che, appena approdano in Borsa, esplodono al rialzo grazie alla domanda speculativa proveniente da questa categoria di investitori. Nulla di nuovo sotto il sole, anche nel periodo 1999/2000, ai tempi della bolla sulla tecnologia, tutti impazzivano per i “tulipani” del momento…

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