Il Bureau of Labor Statistics ha pubblicato i dati sull’inflazione relativa al mese di gennaio negli Stati Uniti. L’indice dei prezzi al consumo (CPI) ha evidenziato, su base annuale, un rialzo del 3,1%, superiore rispetto alle attese del mercato fissate al 2,9% (a dicembre al 3,4%). Su base mensile il CPI ha mostrato una variazione del +0,3% (aspettative fissate per un +0,2%, mese precedente +0,2%). L’indice core (ovvero esclusi energetici ed alimentari) ha mostrato una crescita del 3,9% (previsioni del mercato al 3,7%, a dicembre +3,9%). Su base mensile l’aumento dei prezzi core è stato pari allo 0,4%, superiore alle attese (a dicembre +0,3% m/m).
La Fed, probabilmente, non taglierà i tassi nei prossimi mesi
Le cifre su inflazione hanno evidenziato pressioni inflazionistiche ancora forti. Tenendo conto anche delle cifre robuste sul mondo del lavoro (NFP di gennaio) crediamo che le possibilità che il FOMC, la commissione operativa della Federal Reserve, possa decidere di tagliare i tassi di interesse nei prossimi mesi siano vicine allo zero. A nostro avviso diventa sempre più probabile lo scenario che prevede un taglio del costo del denaro da parte della FED in estate (riunione di luglio).
La preoccupazione dei membri del FOMC è soprattutto legata al ritorno delle pressioni inflazionistiche, con i salari dei lavoratori che sono tornati a crescere con un ritmo sostenuto. Non esistono al momento le condizioni per procedere a un cambio nelle strategie monetarie da parte della Federal Reserve.
La reazione dei mercati
La reazione sui mercati finanziari è stata violenta visto che la maggior parte degli operatori scontava un taglio del costo del denaro tra marzo e maggio. Gli indici azionari USA hanno accusato una brusca correzione. Vendite anche sull’equity europeo. Forti acquisti invece sul dollaro che guadagna tanto terreno contro le principali divise internazionali.
A cura di Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia