“In tutto il mondo stiamo aspettando e sperando in un vaccino per il Covid-19. I mercati finanziari riflettono l’ottimismo riguardo al fatto che ne verrà trovato uno presto, e che la ripresa economica continuerà. Chi investe nell’Europa emergente attende con particolare ansia un qualche tipo di normalizzazione. L’azionario dell’Europa emergente è infatti in calo quasi del 30% in dollari da inizio anno, secondo l’Indice Msci Emerging Markets Europe (al 29 settembre). Mentre i mercati sviluppati e Paesi emergenti asiatici come Cina, Taiwan e Corea del Sud sono in ripresa e hanno più che recuperato le perdite associate al Covid-19, i mercati dell’Europa emergente hanno continuato a perdere terreno. Alla base di ciò vi è una confluenza di fattori.”. Lo sottolinea Rollo Roscow, Emerging Markets Fund Manager di Schroders. Di seguito la sua analisi.
Perché l’Europa emergente è in ritardo sul rally?
Per descrivere la forma della ripresa sono state utilizzate diverse lettere. Riteniamo che la “K” rappresenti al meglio quanto accaduto dal punto di vista dei mercati azionari. Le aziende tech, soprattutto di e-commerce, hanno visto un forte rally, mentre le banche e altri settori della “old economy” sono rimasti sotto pressione, e ciò vale sia per i mercati emergenti che per quelli sviluppati.
Nell’Europa emergente le banche e i titoli della “old economy”, come energia e materiali, contano per il 70% circa dell’indice. Questi settori tendono a muoversi in linea con rialzi e ribassi dell’economia, mentre il comparto energetico deve affrontare anche sfide ambientali, sociali e di governance (Esg) sul lungo termine, con il mondo che si avvia verso la decarbonizzazione. Il brusco calo dell’attività economica nel secondo trimestre ha fatto crollare la domanda e i prezzi dell’energia, ponendo anche dubbi riguardo ai debiti insoluti per le banche.
Rispetto ai mercati asiatici vi sono meno opportunità nelle aziende tech e nei temi di crescita di lungo termine, che sono indipendenti rispetto alla crescita economica più generale, come le batterie per i veicoli elettrici, e che sono praticamente assenti nell’Europa emergente.
Il contesto di tassi bassi ha visto gli investitori favorire i titoli growth, le società con prospettive di utili in ampia crescita, che sono presenti in un numero molto più ridotto nell’Europa emergente. Nel mentre, i titoli value, società che vengono scambiate a prezzi inferiori rispetto ai loro fondamentali, che dominano l’indice della regione, hanno avuto performance relativamente deboli.
Che cosa potrebbe far invertire questa tendenza?
Ci aspettiamo che la prospettiva di una ripresa globale solida e di un’uscita dalla pandemia porterà alla ripresa anche i titoli dell’Europa emergente, sia in termini assoluti che relativi. Ciò dipenderà dallo sviluppo di un vaccino, ma anche terapie migliori, o forse l’immunità di gregge, potrebbero fornire il supporto necessario.
I governi della regione hanno introdotto stimoli fiscali e monetari, che dovrebbero continuare anche nel 2021. Nel mentre, il recovery fund dell’Ue dovrebbe avviare la distribuzione dei sussidi nella seconda metà dell’anno. Riteniamo che tali benefici debbano ancora essere riflessi dai mercati azionari. L’accordo sul recovery fund rappresenta un potenziale primo passo verso una mutualizzazione del debito nell’Ue e riduce significativamente i rischi di breve termine in molti mercati emergenti dell’Unione. Di conseguenza, questi Paesi hanno visto un calo nei loro costi di finanziamento. La combinazione di misure di stimolo e di un ritorno a una routine più normale dovrebbe portare a una ripresa dell’attività economica e della domanda.
Quali sono i rischi?
Se la ripresa economica vedrà uno stallo e verrà posticipata vi è il rischio che i titoli value della “old economy” continueranno a sottoperformare, con una continuazione delle sfide che abbiamo visto quest’anno. Alcune specifiche sfide macro potrebbero inasprirsi, soprattutto in Turchia. Le politiche non convenzionali continuano a favorire consumi, alta inflazione e debolezza della valuta, senza occuparsi delle sfide di lungo termine a livello di produttività e quindi dei deficit delle partite correnti.
La geopolitica è un altro fattore importante per gli investitori nei mercati emergenti in generale. Nell’Europa emergente sarà fondamentale monitorare le elezioni Usa e le implicazioni per le relazioni con la Russia. Un ulteriore rischio è rappresentato dalla politica locale, come le proteste in Bielorussia. Ci sono state anche tensioni tra Turchia e Grecia di recente, riguardo ai diritti di trivellazione nel Mar Egeo. Anche se non investiamo in Armenia o Azerbaijan, le tensioni nel Caucaso meritano di essere monitorate per le possibili implicazioni a livello geopolitico ed energetico.
Possiamo aspettarci un rally sostenuto?
Detto ciò, a livello globale vi sono pochi mercati, emergenti o sviluppati, che offrono prezzi attraenti come l’Europa emergente, sulla base di diverse metriche. Per esempio, a livello price-to-book, i titoli dell’Europa emergente vengono scambiati a un livello inferiore a 1x, secondo l’Indice Msci Emerging Markets Europe, rispetto all’1,8x dell’Msci Emerging Markets e al 2,7x dell’Msci World.
I prossimi mesi, all’avvicinarsi dell’inverno, rappresenteranno un importante barometro. Vedremo nuove ondate del virus, potenzialmente più serie? I test sui vaccini avranno successo? O l’attuale ‘nuova normalità’ persisterà anche nel 2021? Le tempistiche della ripresa economica a livello globale sono ancora molto incerte. Tuttavia, se la spesa fiscale continuerà e se vedremo un ritorno verso una sorta di normalità, potremmo assistere a un forte rally anche per i titoli azionari dell’Europa emergente.
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