“Le politiche del lavoro partecipative sono parte integrante dei criteri di responsabilità sociale delle imprese, quindi aprire le porte ai sindacati dei consulenti finanziari rappresenterà sempre di più un valore aggiunto per banche e reti che vogliano rafforzare il proprio profilo Esg e la proprio rete di consulenti”. Nicola Scambia, consulente finanziario e dirigente FederPromm, affronta il tema dei diritti dei consulenti partendo da un presupposto di sistema piuttosto che di contrapposizione.
“Certo, in 30 anni di attività ho conosciuto persone che mi hanno raccontato vicende raccapriccianti e la mancanza di una forte rappresentanza collettiva è senza dubbio un elemento di debolezza della categoria – spiega Scambia – tuttavia, non possiamo non guardare al quadro generale del settore che oggi appare particolarmente piatto e difficile”.
L’industria della distribuzione è sempre più concentrata, con poche reti caratterizzate da un numero sempre maggiore di consulenti finanziari: le prime tre società controllano oltre il 50% del mercato e le prime cinque società oltre il 70%. Il modello di business delle reti è caratterizzato da un elevato livello di integrazione verticale, conseguenza del fatto che la quasi totalità delle stesse è di matrice bancaria/assicurativa. Questo modello ha già portato all’espulsione di almeno 10mila consulenti finanziari con un parco clienti limitato e altri verranno espulsi, mentre almeno un terzo dei consulenti in attività ha un portafoglio medio inferiore ai 10 milioni di euro, che non consente certo una vita serena non avendo nessun diritto ma solo obblighi.
Inoltre, l’età media dei consulenti finanziari è molto elevata, 57 anni, quindi nei prossimi cinque o dieci anni ci sarà un forte impoverimento di professionisti di esperienza che andranno in pensione. Senza un ricambio.
Nel frattempo, le grandi reti di vendita hanno scelto di operare in fotocopia, siglando accordi di non belligeranza che riducono la competitività del settore, ma ne accrescono la vulnerabilità, esponendosi all’aggressione commerciale di invasori stranieri innovativi come Google, Amazon e chissà chi altri.
“E’ un emergenza nazionale che conferma che serve una svolta e che la presenza diffusa di un sindacato all’interno delle reti possa rappresentare un arricchimento del sistema: prima di tutto perché un presidio sindacale offre maggiori garanzie ai consulenti finanziari e un consulente sereno lavora meglio e genera benefici sia per i clienti e sia per le banche; poi perché la presenza attiva del sindacato all’interno delle aziende può rappresentare uno stimolo a superare le logiche tradizionali e a dare maggiore spazio alla meritocrazia, alla concorrenza e alla competitività. Non dimentichiamoci che oggi le reti assistono quasi il 20% della ricchezza del Paese, quindi c’è ancora molto spazio per crescere e senza progetti nuovi quello spazio potrebbe essere occupato da qualcun altro, peggio se straniero”, chiosa Scambia.
Che conclude: “Per tutti questi motivi invito i colleghi a tesserarsi e ad aprire presidi nelle reti in cui lavorano, perché solo così si può contribuire a migliorare il sistema e, da qui dopo, rafforzare il servizio e l’educazione finanziaria dei clienti”.
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