“Dopo la crisi finanziaria del 2007-2008, le banche hanno trascorso oltre un decennio a consolidare le proprie riserve di capitale per giungere alla fine del 2019, quando si stimava che globalmente le banche detenessero circa 5mila miliardi di dollari di capitale in eccesso rispetto ai requisiti regolamentari previsti dal Pilastro 1 (fonte: Bank of International Settlements, maggio 2020). Ora i regolatori e le autorità stanno alleggerendo i requisiti per le riserve di capitale, consentendo alle banche di operare temporaneamente al di sotto dei livelli per alcuni requisiti sulle riserve di liquidità e di capitale (Guidance del pilastro 2, buffer di conservazione del capitale, indice di copertura di liquidità…). La Banca Centrale Europea ha anche chiesto alle banche di sospendere il pagamento dei dividendi o il buyback delle azioni almeno fino alla fine del 2020, preferendo reindirizzare il capitale verso i prestiti e verso il sostegno dei bilanci. Ma vi sono timori crescenti sulle implicazioni di tali misure sui CoCo AT1″. E’ lo scenario tracciato da Jérémie Boudinet, Credit Fund Manager di La Française AM. Di seguito la sua analisi.
Banche, il mancato pagamento delle cedole rappresenta una fonte importante di preoccupazione?
Forse il rischio più rilevante che incombe sul mercato AT1 è il mancato pagamento delle cedole. Noi però non siamo preoccupati. Crediamo piuttosto che la possibilità che le autorità esercitino pressione sulle banche per cancellare le cedole sia molto ridotta e questa tesi è supportata da diversi fattori fra cui numerose dichiarazioni del Prudential Supervisory Board della Bce. Andrea Enria, presidente del Consiglio di Sorveglianza della Bce, ha dichiarato: “La Bce non prevede di sospendere il pagamento delle cedole per le obbligazioni bancarie subordinate, anche dopo aver indicato alle banche di sospendere il pagamento delle cedole per preservare il capitale”.
Inoltre, i risparmi potenziali connessi alla sospensione del pagamento delle cedole sui titoli AT1 sono insignificanti rispetto a quelli ottenibili con i dividendi, mentre le implicazioni di una tale mossa sulla fiducia degli investitori e sull’accesso ai finanziamenti da parte delle banche sarebbero disastrose. Questo aspetto è stato confermato anche dal Parlamento Europeo, che nel novembre 2020, in un report sulle riserve di capitale, ha affermato che “le cedole sugli strumenti qualificati come capitale AT1 non dovrebbero essere limitate”.
Anche i dati sugli utili del secondo e terzo trimestre del 2020 sono stati abbastanza rassicuranti, in quanto quasi tutte le banche europee hanno dimostrato di essere in grado di sostenere coefficienti di solvibilità adeguatii e/o superiori rispetto alla fine del 2019, grazie alla sospensione dei dividendi, all’allentamento prudenziale e alle misure nazionali sulle garanzie sui prestiti a sostegno dell’economia.
Con il senno di poi, consideriamo il settore bancario europeo come parzialmente “amministrato” dalle autorità che limitano la distribuzione dei dividendi e possono controllare l’accesso delle banche alla liquidità illimitata e a basso costo assicurata dalle banche centrali. Le autorità stanno inoltre spingendo per un maggiore consolidamento, con significative operazioni di M&A, come le fusioni tra Bankia e CaixaBank e Ubi Banca e Intesa Sanpaolo. Qualche anno fa le banche avrebbero dovuto evitare di essere too-big-to-fail. Ora è vero il contrario, il che, a nostro avviso, è positivo per la stabilità del sistema bancario e, quindi, per la prosecuzione del pagamento delle cedole AT1.
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