Gennaio ha visto l’oro venire scambiato in un range ristretto tra i 2.000 e i 2.050 dollari per oncia. Questo range ha rispecchiato un contesto di trading generalmente più contenuto: le volatilità implicite a tre mesi sono scese a livelli di circa il 10%, un livello di volatilità relativamente basso per il metallo giallo.
“Questo limitato profilo di volatilità riflette diversi fattori”, avverte Peter Kinsella, Global Head of Forex Strategy di Ubp, che di seguito spiega nei particolari la propria viwe sulla commodity. In primo luogo, nella maggior parte delle principali economie abbiamo assistito a una diminuzione dell’inflazione e a una stabilizzazione delle aspettative inflazionistiche. In secondo luogo, gli eventi nel Mar Rosso non hanno comportato un’impennata sostenuta dei prezzi dell’energia, limitando così gli effetti secondari dell’inflazione. In terzo luogo, le banche centrali hanno allontanato la probabilità di tagli dei tassi già nel primo trimestre, limitando così i rialzi a breve termine dell’oro.
Avvicinandoci a marzo, prevediamo che l’oro continuerà a consolidarsi e a essere scambiato a circa 1.950 dollari per oncia. Notiamo che i rendimenti dei TIPS decennali statunitensi (il nostro proxy per le previsioni sui tassi reali) sono saliti a livelli intorno all’1,9%, rispetto all’1,65% di poche settimane fa. L’aspettativa di tassi reali più alti limiterà il potenziale di rialzo aggressivo dell’oro nel breve termine e, in assenza di slancio al rialzo, i CTA potrebbero ridurre le loro posizioni in oro, il che renderebbe plausibile una discesa verso i 1.950.
Tuttavia, qualsiasi discesa sotto a questi livelli si rivelerà di breve durata. Sebbene l’indice del dollaro statunitense sia salito a livelli pari a circa 104, non crediamo che l’aggressivo apprezzamento del dollaro si protrarrà per il resto dell’anno. Ciò significa che, quando l’USD si indebolirà nel secondo semestre, l’oro salirà, data la correlazione negativa di lunga data con il biglietto verde. Ciò significa che qualsiasi discesa al di sotto dei 1.950 dollari per oncia si rivelerà una buona opportunità di acquisto per gli investitori.
Notiamo che gli investitori sembrano essere sottoinvestiti rispetto alle medie della storia recente, sia per quel che riguarda ETF che lo spazio dei futures. Il risultato è che gli investitori sfrutteranno qualsiasi calo sostanziale per aumentare le loro posizioni in oro, il che ha perfettamente senso considerando la pletora di rischi geopolitici. Nel 2024 le banche centrali continueranno ad aumentare le loro riserve auree, come hanno fatto nel 2022 e nel 2023, sostenendo così i prezzi. Il World Gold Council ritiene che la domanda delle banche centrali abbia comportato un aumento di circa il 15% dei prezzi dell’oro negli ultimi anni e si prevede che questa tendenza continui.
Anche l’imminente campagna elettorale per le presidenziali statunitensi potrebbe contribuire al rialzo dell’oro. È probabile che i mercati si concentrino sui problemi di sostenibilità del debito statunitense: con livelli di debito già elevati e nessun piano di riduzione fiscale in vista, l’oro beneficerà della percezione che questo problema non sarà affrontato in modo tempestivo.