Asset allocation: il lusso continuerà a proteggere dall’inflazione

I risultati del 3° trimestre delle società del lusso evidenziano un rialzo sorprendente, grazie alla domanda robusta e alle prospettive positive espresse dalle aziende, con la dovuta cautela per via della maggiore incertezza macroeconomica. Come previsto, l’attività in Europa ha beneficiato dell’aumento del turismo e della debolezza della valuta che ha attirato i consumatori verso la regione. La domanda non diminuisce da parte dei consumatori che continuano a preferire le “esperienze” come i viaggi a lungo raggio (nel caso degli americani anche grazie alla forza del dollaro). I consumatori a più alto reddito continuano a spendere di più rispetto a quelli a più basso reddito, come evidenziato dai risultati delle aziende con prodotti nelle varie fasce di prezzo, dove quelli coi prezzi più elevati in genere fanno meglio rispetto al mercato di massa.

In questo scenario, ecco di seguito la view di Swetha Ramachandran, Investment Director, Luxury Equities di GAM.

La spesa interna negli Stati Uniti ha rallentato rispetto ai picchi del 1° semestre, in parte perché i turisti americani hanno fatto acquisti all’estero durante l’estate. Continuiamo a rilevare i segnali di una polarizzazione dei risultati aziendali. Mentre le società più solide hanno accresciuto il distacco da quelle più deboli in una fase positiva per il mercato in generale, il divario si è ampliato ulteriormente nella fase di decelerazione. Il comportamento di spesa dei consumatori si fa più prudente e si concentra maggiormente sui marchi di più alta gamma.

I consumi negli Stati Uniti continuano a beneficiare, nei quartili dei redditi più alti, dei risparmi abbondanti accumulati durante la pandemia che verosimilmente inizieranno a esaurirsi tra oltre 18-24 mesi. Seguiamo attentamente le ondate di licenziamenti nel settore tech per cogliere eventuali segnali di rallentamento dei consumi nelle fasce ad alto reddito, tuttavia, dopo la pandemia, i consumi negli Stati Uniti sono maggiormente diversificati per area geografica. Infatti, recentemente le principali aree in crescita sono città come Miami, Austin e Atlanta, anziché San Francisco e la Silicon Valley.

Mentre il mercato cinese è in trepida attesa della riapertura che dovrebbe fare da catalizzatore nel settore del lusso. Le continue interruzioni dell’attività e della mobilità in Cina dovute ai ripetuti lockdown si riflettono nei prezzi azionari. A nostro giudizio, le opportunità di ripresa nel 2023 sono enormi, soprattutto all’approssimarsi dell’anniversario dei lockdown di marzo/maggio a Shanghai che hanno danneggiato parecchio le imprese del lusso del Paese che hanno però potuto contare sulla forza dei mercati negli Stati Uniti, in Europa e nel Sud-est asiatico.

Nel 2023, in uno scenario di normalizzazione dei consumi negli Stati Uniti, la Cina dovrebbe registrare un aumento della domanda, così come è accaduto in America negli ultimi due anni circa. Il 1° semestre del 2023 uscirà favorevolmente dal confronto, con una propensione sempre robusta per i beni di lusso. Il recente Congresso del Partito è stato rassicurante, ha confermato infatti la politica della prosperità condivisa e l’obiettivo di raddoppiare le classi medie in Cina a 800 milioni entro il 2030, uno sviluppo positivo secondo noi per il settore del lusso.

Nel complesso il mercato non ha rettificato le stime per l’intero anno per le società che finora hanno superato le attese. Le stime di ricavo di diverse imprese per il secondo semestre sembrano dunque relativamente poco pretenziose rispetto all’anno precedente e anche in un periodo di tre anni.

A nostro giudizio, tali prospettive potrebbero essere eccessivamente pessimiste per aziende come LVMH, Richemont e Hermes. Mentre le stime di consensus indicano un’accelerazione per Moncler (il secondo semestre è la stagione migliore per le vendite), crediamo che le previsioni siano troppo basse in considerazione dell’exit rate del 1° trimestre e potrebbero sorprenderci al rialzo. Saremmo invece più cauti coi marchi dove il mercato prevede un’accelerazione nel secondo semestre, ovvero Burberry e Ferragamo.

Nonostante il miglioramento registrato nel 3° trimestre le aziende prevedono un rallentamento dell’attività nel breve periodo che ha portato a una brusca svalutazione del settore nel corso del 2022. Dopo aver toccato il picco dei ricavi e dei margini nel 2021, il settore del lusso si è svalutato del 30% circa con P/E di 24, una flessione del 20% rispetto alle medie a cinque anni. Considerata la buona liquidità in bilancio del settore che fa salire i P/E nonché il fatto che i downgrade sono già stati scontati, crediamo che, qualora i fondamentali restassero positivi, potremmo assistere a una rivalutazione.

Un investimento in titoli del lusso è interessante per diversi motivi: come copertura contro l’inflazione, grazie al potere di determinazione dei prezzi a livello dei ricavi, il profilo di crescita e redditività a valutazioni interessanti, il settore scambia al di sotto del 30% della media dei multipli a cinque anni, e la situazione patrimoniale molto robusta funge da protezione in un contesto di rialzo dei tassi di interesse come quello attuale; le società del settore in genere hanno una buona liquidità, generano un free cash flow elevato e autofinanziano la crescita.