A cura di Patrice Gautry, Chief Economist di UBP
Nessuna pausa all’orizzonte per la Bce, la cui comunicazione rimane incentrata sulla lotta all’inflazione, con particolare attenzione al mercato del lavoro e in particolare ai salari. A luglio quindi i tassi dovrebbero tornare a salire e probabilmente a settembre l’orientamento sarà ancora restrittivo. Infatti, è improbabile che i dati economici pubblicati allora cambino drasticamente il panorama inflazionistico-salariale e quindi la Bce potrebbe essere costretta ad aumentare i tassi di deposito al 4%. Le prossime revisioni trimestrali dello scenario economico della Bce a settembre forniranno forse un orizzonte più chiaro, con prospettive di inflazione che finalmente torneranno al 2% nel 2025, o addirittura al di sotto, rendendo possibile giustificare una pausa sul livello del 4%.
Il costo di questa politica più restrittiva sarà ovviamente un rallentamento ancora più pronunciato del credito. I flussi netti di credito alle imprese si stanno già contraendo ed è probabile che si riducano ulteriormente. Sebbene le famiglie siano state ancora poco colpite dalle restrizioni al credito, queste ultime saranno probabilmente più marcate al ritorno dalle vacanze.
La presidente Lagarde ha nuovamente invitato i governi a porre rapidamente fine ai sostegni economici, che data la situazione attuale costringono la Bce a rimanere restrittiva più a lungo, mentre l’economia diventa sempre più debole. Le riforme del Trattato di Maastricht sono in corso e non è ancora il momento di un ritorno a una certa forma di austerità da parte dei governi. Il 2024 si presenta quindi come un anno di ritorno delle restrizioni di bilancio e di prosecuzione di una politica monetaria che rimarrà restrittiva più a lungo di quanto previsto dai mercati finanziari.