“L’economia di oggi è caratterizzata da disordine e instabilità e anche se ciò si evince in modo incontrovertibile dall’escalation di problematiche quali il cambiamento climatico e la crisi della plastica, su un piano più sostanziale, è il nostro rapporto con la natura a essere diventato sempre più insostenibile”. Questo il monito di Thomas Höhne-Sparborth, Senior Sustainability Analyst, Christopher Kaminker, Head of Sustainable Investment Research & Strategy e Kristina Church, Senior Investment Strategist for sustainable investment di Lombard Odier. Di seguito la loro visione.
Attualmente, oltre il 50% della nostra economia dipende in misura moderata o consistente dal capitale naturale, che comprende tutte le risorse naturali della terra tra cui suoli, foreste, riserve idriche e minerali le quali sono anche alla base di vari servizi ecosistemici come l’impollinazione, servizio questo che garantisce alle colture un contributo per un massimo di 577 miliardi di dollari, ma che oggi è minacciato dalla diminuzione delle popolazioni di insetti. Analogamente, nell’industria farmaceutica, settore che vale 1.000 miliardi di dollari, ben il 63% dei nuovi farmaci sono realizzati con prodotti naturali, che sono tuttavia a rischio a causa della perdita di biodiversità. Il capitale naturale protegge anche le nostre città, costituisce il fondamento della nostra industria turistica e incrementa il valore degli immobili.
Sebbene la sopravvivenza di molte industrie dipenda dalla natura, queste hanno anche una propensione a distruggerla. Viviamo in un’economia lineare, “take-make-waste”, che dipende dall’estrazione di ingenti quantità di capitale naturale. Ogni anno estraiamo circa 92 miliardi di tonnellate di risorse naturali (equivalenti a circa due terzi del peso dell’Everest) per sostenere le nostre industrie e i nostri stili di vita consumistici. Gran parte di questo materiale viene bruciato come combustibile fossile, disperso nel sistema a causa di inefficienze oppure sprecato; meno del 9% del materiale viene riciclato nell’economia.
Attraverso questo modello economico, abbiamo superato quattro confini planetari fondamentali. Proprio come un check-up sanitario ci indica se abbiamo superato i limiti di sicurezza in termini di pressione sanguigna, colesterolo o peso corporeo, questi confini planetari definiscono i limiti di sicurezza entro i quali la società può operare. Oggi, il nostro modello economico ci ha spinto verso un territorio incerto e pericoloso per quanto riguarda cambiamento climatico, perdita di specie e habitat e cicli chimici. Come avviene per una diagnosi di pressione o colesterolo alti, se non trattata la prognosi per il benessere collettivo non sarà buona, a meno che non si riesca a liberarsi di molte cattive abitudini.
In Lombard Odier crediamo nell’esigenza di una transizione da un’economia basata sullo spreco, inattiva, asimmetrica e inquinante a un’economia più circolare, snella, inclusiva e pulita (Clic) e a tale scopo dobbiamo cominciare a ripensare il nostro approccio al capitale naturale.
In primo luogo, per sfruttare al meglio la capacità rigenerativa della natura, dobbiamo riconoscere il potenziale inutilizzato della bioeconomia circolare. A titolo di esempio, nell’industria edilizia ben il 20% dell’acciaio e del calcestruzzo può essere sostituito dal legno, una risorsa completamente rinnovabile. Benché la natura sia già per noi fonte di cibo, tessuti e materiali da costruzione, sono necessarie forme più sostenibili di agricoltura, pesca e silvicoltura per assicurarci di sfruttare appieno il loro potenziale ed evitare che queste industrie cannibalizzino il capitale naturale di cui si avvalgono. Dai nuovi prodotti a base naturale stanno emergendo anche nuovi modelli di business, come i polimeri e i compositi a base biologica, da impiegare nei prodotti di uso quotidiano, ma anche per la produzione di forme di bioenergia a zero emissioni di carbonio.
In secondo luogo, dobbiamo investire in una forma di industria più snella per preservare meglio il capitale naturale e mitigare l’impatto negativo. Oggi, il 26% dell’acciaio e il 41% dell’alluminio vanno perduti durante i processi di produzione. Nuovi processi di produzione, come la produzione additiva, possono eliminare tali perdite. Allo stesso modo, una transizione verso un’economia che mette in risalto i risultati ottenuti con l’economia della condivisione (come il trasporto da A a B) piuttosto che con il ricorso a beni personali (come un veicolo) può ridurre radicalmente il fabbisogno di materiali e mobilitare fino a 4.500 miliardi di dollari di beni che oggi sono inattivi nei nostri vialetti, uffici e cassetti. Queste rivoluzioni, insieme a una gestione e a un riciclaggio migliori dei rifiuti, non solo contribuiscono a preservare il capitale naturale, ma offrono anche opportunità investibili in tutti i settori.
Digitalizzazione e innovazione tecnologica sono fonte di molti degli ingredienti destinati a soluzioni migliori e nuove applicazioni basate sulla natura. Nel frattempo, la transizione verso lo zero netto comporterà un’ulteriore rivalutazione dell’importanza del capitale naturale, che fornisce materiali a zero emissioni di carbonio e opportunità legate al sequestro di carbonio (la rimozione del carbonio dall’atmosfera attraverso la riforestazione, la bioenergia, le pratiche di gestione del territorio e altro).
Il capitale naturale è un bene straordinariamente produttivo, con la biomassa del pianeta che si rigenera a un tasso pari a circa il 19% annuo. Sfruttare e preservare questa capacità unica è vitale per la salute della nostra economia, oltre a rappresentare una ricca fonte di opportunità di investimento innovative.
L’articolo Investire nel più importante fondamento della nostra economia: il capitale naturale proviene da Finanza Operativa.