Investimenti: i pericoli dell’inerzia

Gli investitori cercano spesso di spiegare il comportamento dei mercati finanziari attraverso la lente delle scienze naturali. Trasponendo le leggi del moto di Newton in leggi dell’investimento, capiremmo perché gli investitori “che seguono la tendenza” creano maggiore inerzia, ostacolando un cambio di rotta. La seconda legge di Newton applicata agli investimenti ci direbbe poi che la quantità di moto della traiettoria del prezzo continua a muoversi nella stessa direzione, a meno che non intervenga una forza esterna. La “seconda legge” è fondamentale: maggiore è l’inerzia, più intensa sarà la forza necessaria a cambiare la direzione della quantità di moto. Tuttavia, in presenza di una forza trainante, come la forza direzionale causata dall’aumento dei tassi di interesse o le forze casuali di una maggiore incertezza economica, la traiettoria del momentum muterà inevitabilmente.

In questo scenario, ecco di seguito la view di Stephen Dover, Head of Franklin Templeton Institute.

Riguardo ai vantaggi di un portafoglio bilanciato, gli investitori potrebbero trovarsi coinvolti nell’inerzia delle masse: nel 2022 la maggior parte delle asset class ha registrato rendimenti negativi. All’inizio del 2023 i mercati azionari e obbligazionari hanno segnato un bel recupero, ma ciò non significa per forza che i portafogli tradizionalmente diversificati terranno fede alle loro promesse.

Nell’attuale contesto in cui le previsioni consensuali degli economisti e i principali indicatori di mercato profilano una recessione, non si riescono a chiudere i negoziati per l’innalzamento del tetto del debito USA e si protrae la guerra in Ucraina, l’incertezza continua a farla da padrona.

La diversificazione è ancora importante

Iniziamo con un punto chiave: per gli investitori non è il momento di rinunciare ai vantaggi della diversificazione dei portafogli bilanciati, cioè quelli composti da azioni, obbligazioni e altre classi di attività. Gli esiti estremi dello scorso anno, caratterizzati da perdite consistenti e simultanee su tutte le principali asset class, sono stati un’anomalia da ascrivere a un’inflazione inaspettatamente elevata e a un’aggressiva contrazione monetaria. A mio avviso, questi sviluppi hanno ormai fatto ampiamente il loro corso e, di conseguenza, le correlazioni tra gli asset dovrebbero riconvergere con le medie storiche, producendo i benefici della diversificazione.

In particolare, lo scorso anno l’accelerazione dell’inflazione ha compromesso i rendimenti di azioni e obbligazioni. L’aumento dei rendimenti obbligazionari è stato necessario a compensare gli investitori dell’aumento dei prezzi in termini reali. Inoltre, è servito a riflettere i rapidi rialzi dei tassi d’interesse di breve periodo dovuti all’inasprimento delle politiche monetarie da parte delle banche centrali. Il risultato è stato un forte calo dei prezzi dei titoli di Stato, delle obbligazioni societarie e high yield e, infine, degli asset dei mercati emergenti.

L’aumento dei tassi di interesse e la maggiore incertezza economica hanno inoltre eroso il valore futuro degli utili aziendali, determinando una compressione delle valutazioni del mercato azionario. Anche se la crescita degli utili è rimasta positiva lo scorso anno, il calo delle valutazioni ha fatto precipitare i rendimenti in territorio negativo. L’inflazione inattesa porta sempre a una significativa flessione dei rendimenti di portafoglio e anche il 2022 ha confermato in pieno questa regola.

Oggi, tuttavia, mentre l’inflazione arretra, le obbligazioni stanno rimbalzando. I tassi di interesse a lungo termine sono scesi quasi di un punto percentuale rispetto ai massimi dello scorso anno, producendo rendimenti positivi per i detentori. Questi guadagni hanno contribuito a compensare le performance ancora contrastanti delle azioni statunitensi, offrendo al contempo una diversificazione nei portafogli bilanciati. Visto il continuo calo dell’inflazione e le aspettative riconfermate di una pausa nei rialzi dei tassi da parte delle banche centrali, ritengo inoltre che questi vantaggi di diversificazione siano destinati a perdurare. Inoltre, se le economie dovessero entrare in recessione, i titoli di Stato a lunga scadenza più sicuri e le obbligazioni societarie di alta qualità dovrebbero proteggere efficacemente dagli utili deludenti dei mercati azionari.

In breve, la tentazione di rinunciare alla diversificazione è comprensibile dopo le pessime performance di azioni e obbligazioni dello scorso anno, ma oggi rappresenterebbe un errore. Probabilmente non c’è momento migliore di adesso per essere diversificati.

Perché adesso?

Gli investimenti bilanciati attraggono anche per quanto ho sottolineato all’inizio: nel 2023 gli indicatori dei mercati finanziari, come la curva dei rendimenti e il consenso degli economisti, prevedono una recessione negli Stati Uniti. E anche se è possibile evitare una recessione economica, è già in atto una recessione degli utili.

Secondo FactSet, che raccoglie e analizza gli utili societari, nell’attuale stagione dei risultati (cioè nel quarto trimestre del 2022) gli analisti di Wall Street prevedono una flessione degli utili societari dell’indice S&P 500. Inoltre, gli stessi analisti prevedono una crescita negativa degli utili su base annua nel primo semestre del 2023.

Il problema presenta varie sfaccettature. In primo luogo, la maggior parte delle imprese si trova ad affrontare costi più elevati per quasi ogni componente: salari, energia, materie prime, trasporti e servizi alle imprese. Nonostante l’aumento dei prezzi nell’ultimo anno, in maggior parte le imprese osservano un aumento dei costi più rapido rispetto ai ricavi. Come rileva anche FactSet, i margini di profitto delle società che compongono l’indice S&P 500 sono in calo da 18 mesi.

In secondo luogo, la crescita sta iniziando a rallentare, soprattutto a causa dell’inasprimento della politica monetaria. L’aumento dei tassi d’interesse si sta ripercuotendo sui settori dell’economia sensibili agli interessi, tra cui l’edilizia residenziale, l’edilizia commerciale, le spese in conto capitale e i beni al consumo di valore elevato. Considerati i costi fissi, il rallentamento delle vendite aumenta i costi totali medi, determinando un’ulteriore compressione della redditività.

In terzo luogo, quando vedono comprimersi i profitti, le imprese iniziano a tagliare le spese. Le assunzioni stanno rallentando, mentre gli esuberi crescono. Gli acquisti voluttuari vengono sospesi o ridotti. Anche per questo le società di informatica, che in passato celebravano risultati sfavillanti, sono finite sotto i riflettori. Le società di ricerca e di social media sono, essenzialmente, piattaforme pubblicitarie; nei momenti di difficoltà, le aziende tagliano i budget pubblicitari. I servizi software e l’esternalizzazione dei servizi di vendita sono altri possibili candidati ai tagli.

Guardando specificamente agli Stati Uniti, le implicazioni a livello settoriale sono evidenti. I titoli growth di società ad alta capitalizzazione che dominano i principali indici azionari sono oggi i più esposti a una recessione degli utili. L’anno scorso, le loro performance modeste erano riconducibili all’aumento dei tassi d’interesse che ha eroso le loro valutazioni. Quest’anno, invece, le loro performance modeste derivano dagli utili deludenti.

Esposizione bilanciata con correttivi

Nel 2023 gli investitori abituati ad accedere ai mercati azionari attraverso i cosiddetti indici “passivi”, che riflettono l’ampia capitalizzazione del mercato, otterranno probabilmente rendimenti inferiori alla media (e forse addirittura negativi) perché sono (passivamente) sovraesposti a quei segmenti del mercato che patiranno probabilmente gli utili più deludenti.

La risposta, tuttavia, non consiste nell’evitare le azioni. Conviene invece concentrarsi più attivamente sui settori in cui è più probabile ottenere rendimenti positivi.

Una possibilità viene dalla Cina o, più in generale, dai titoli azionari che beneficiano della riapertura della Cina. Nelle prime settimane del 2023, questo dato è già evidente: gli indici azionari della Cina continentale e di Hong Kong hanno sovraperformato l’indice S&P 500.

Perché la Cina? Per il suo momentum macroeconomico. Dopo una disastrosa politica di lockdown prolungati e duri, alla fine dello scorso anno il governo cinese ha gettato la spugna sul COVID-19 annunciando la riapertura dell’economia. Tragicamente, ma prevedibilmente, le infezioni sono salite alle stelle, così come i decessi (i bassi tassi di vaccinazione in Cina, soprattutto tra gli anziani, non sono stati d’aiuto).

Tuttavia, dopo tutte le sofferenze umane che il COVID-19 sta attualmente infliggendo alla Cina, presto le infezioni avranno fatto il loro corso e, di conseguenza, lasceranno il passo alla riapertura economica. E, proprio come si è visto in America del Nord o in Europa, la riapertura porterà a un boom dell’attività economica, in quanto la domanda repressa viene liberata e la capacità produttiva potenziata. Inoltre, a differenza di qualsiasi altra grande economia del mondo, la Cina sta promuovendo attivamente la crescita attraverso politiche fiscali e di credito agevolate.

Dopo essere cresciuta a malapena nel 2022 (ufficialmente il prodotto interno lordo reale è cresciuto del 3,0%, ma il tasso di crescita reale è probabilmente inferiore), l’economia cinese dovrebbe registrare una crescita superiore al 5% nel 2023.2

Ciò significa che, in un mondo altrimenti caratterizzato da un rallentamento della crescita e da una flessione degli utili aziendali, la Cina fa eccezione e ottiene risultati migliori su entrambi questi fronti. A guadagnarci saranno, oltre alla Cina, tutte le economie e le imprese in affari con la Cina, che si estendono a gran parte dell’Asia orientale e dell’Europa occidentale.

Conclusioni

Agli investitori suggerirei due indicazioni finali: diversificare ed essere attivi. Il calo dell’inflazione dovrebbe restituire importanza al bilanciamento tra azioni e obbligazioni nei portafogli. È necessaria una forma di equilibrio più intelligente. La fedeltà alle società vincenti del passato è una ricetta fallimentare. Credo che sia opportuno cercare i settori in cui la crescita e gli utili potrebbero sorprendere al rialzo. Nel 2023, molti segnali puntano verso la Cina e le economie che beneficiano della ripresa cinese. Bisogna combattere l’inerzia mentre le forze che cercano di far svoltare l’economia e i mercati finanziari stanno guadagnando slancio.