Investimenti: ecco perchè non si ripeterà una crisi in stile Lehman

L’anniversario del default di Lehman e il contesto di crisi attuale riportano alla memoria gli spettri di una possibile crisi finanziaria. “A nostro avviso, è difficile pensare ad una crisi negli Stati Uniti che replichi il copione della crisi dei mutui subprime iniziata nel 2007 e culminata con il fallimento di una grande istituzione finanziaria. Oggi come allora, gli asset reali e finanziari hanno elevate valutazioni, tuttavia il contesto è completamente diverso“. Parola di Mauro Ratto, Co-Cio di Plenisfer Investments SGR, che di seguiuto spiega nei particolari l’assunto.

l consumatori hanno ridotto significativamente la loro posizione debitoria e i sussidi post covid hanno favorito l’accumulo di risparmi. Da qui anche la forza della domanda e del ciclo economico in USA.

Le banche, in particolare negli Stati Uniti, godono di buona salute, hanno bilanci decisamente robusti, livelli modesti di prestiti in rapporto ai depositi e potranno beneficiare di tassi di interesse in via di normalizzazione.

Parzialmente questa descrizione si applica anche alle banche Europee.  Gli istituti in media presentano bilanci con moderata leva finanziaria ed abbondante liquidità.  Non  è casuale che il tasso di default sia ai minimi storici e dovrebbe rimanere relativamente contenuto anche in caso di recessione.

Negli anni l’indebitamento ha continuato a crescere ma, rispetto alla Grande crisi finanziaria, oggi il testimone del debito è in mano al settore pubblico.

Un’inflazione persistente e tassi coerenti con tale scenario, rappresentano in ogni caso un problema difficile da gestire considerando l’impatto sulla crescita e sui margini aziendali alla luce degli attuali livelli di quotazione ancora elevati.

L’anniversario di Lehman stimola la curiosità verso altre potenziali crisi ed il pensiero volge ai paesi emergenti.

Le economie di diversi emergenti, specie alcuni di frontiera, sono in default (come lo Sri Lanka) o hanno evidenziato segnali di stress (come l’Egitto o il Bangladesh), mentre per quanto riguarda quelle dei principali emergenti (come il Brasile o la Cina) non vi sono evidenze che lascino presagire una crisi simile a quella che colpì l’Asia nel 1998.

Le banche centrali degli emergenti hanno rialzato i tassi con largo anticipo rispetto alla BCE ed alla Fed. I livelli di inflazione, fatte le debite eccezioni, sono gestibili, ed in alcun casi molto contenuti come, per esempio, in Cina.

Tipicamente a scatenare situazioni di crisi come quella del 1998, sono la presenza di forti sbilanci fiscali e la vulnerabiltà esterna (ovvero debito estero a breve, limitate riserve valutarie, ampi deficit di partite correnti).

Più in generale, un possibile campanello d’allarme è rappresentato da significativi deficit di partite correnti e livelli elevati del rapporto tra prestiti e depositi (>1.3). I paesi in questa condizione, come per esempio la Danimarca,  vivono al di sopra dei propri mezzi finanziari ottenendo di fatto credito dai paesi esteri che hanno un surplus di partite correnti.

La sostenibilita’ della crescita economica dipende dalla sostenibilità del credito. Quando quest’ultimo viene meno assistiamo a crisi rovinose.

Ma oggi il quadro è sostanzialmente diverso.