Investimenti, attenzione: nuovi minimi in vista con TINA in soffitta

“Lo scorso mese ci eravamo lasciati in attesa del discorso di Powell a Jackson Hole, e con il mio stupore ancora fresco fresco per un rialzo dei mercati azionari che, a mio avviso, non aveva né capo né coda. Sono passati poco più di 30 giorni e da allora di cose ne sono successe parecchie”. Ad affermarlo è Michele De Michelis, responsabile investimenti di Frame Asset Management, che di seguito spiega nel dettaglio la propria view sullo scenario attuale.

Tanto per cominciare, la FED ha stroncato i reni a tutti coloro che pensavano che il cambio di atteggiamento fosse solo una minaccia, tutti ottimisti incalliti che avendo comprato a prezzi molto più alti di quelli odierni speravano di trovarsi ancora nella medesima situazione nella quale abbiamo vissuto per un periodo molto lungo e quindi si aspettavano toni conciliatori dalle parole del Governatore, esattamente come negli anni passati.

Ahimè, i loro desideri non sono stati esauditi, al punto che l’effetto immediato è stato un crollo degli indici azionari. Ma ciò che mi ha veramente colpito è stato quando Neel Kashkari, membro del FOMC noto per la sua cautela, si è detto persino soddisfatto per la reazione negativa dei mercati e del fatto che avessero recepito una volta per tutte che in questo momento “never fight the FED ” ha una accezione ben diversa rispetto al passato.

Le cose non sono andate meglio nella riunione del 21 settembre, quando è stato alzato il tasso di 75 punti base: in linea con quanto previsto dagli analisti, ma con la sorpresa del dot plot che proiettava il costo del denaro al 4.625% per fine 2023, quindi più in alto di quanto non scontasse il mercato.

La reazione?! Neanche a dirlo. Mentre lo Standard and Poor’s testava i minimi di giugno, il rialzo dei rendimenti ha visto la parte breve della curva americana superare il 4% (circa 4.15% per il 12 mesi) mentre il 24 mesi registrava addirittura 10 punti base in più a 4.25%.

Con questi rendimenti sul breve termine, quindi poco rischiosi, l’alternativa all’equity esiste eccome e quindi il famoso acronimo T.I.N.A. (There Is Not Alternative) temo debba essere messo quanto meno in soffitta.

Ed è proprio quando si vive grande incertezza il momento migliore per i “se ” e per i “ma”.

Da tutte le parti si leggono analisti tecnici che dicono che se tale supporto regge allora il mercato potrà salire, ma, qualora venisse violato, allora potrà anche scendere.

Oppure i vari macroeconomisti che spiegano che la recessione sarà leggera se la FED non alzerà troppo i tassi; ma nel caso facesse un ulteriore errore di politica monetaria, allora la contrazione del PIL sarà severa.

Ma allora, cosa fare con i nostri soldi? Vendere, comprare o tenere?

Premesso che noi stiamo consigliando di rimanere molto difensivi (poco equity, protezioni e zero duration) già da fine 2021 e che a lanciarsi in previsioni spesso si recuperano brutte figure, se proprio dovessi giocarmi la vita alla roulette russa con una pistola puntata alla tempia, allora direi che la mia sensazione è che probabilmente vedremo nuovi minimi.

A seguito, tuttavia, potrebbe anche esserci un rally prima della fine del 2022 (che andrebbe ovviamente sfruttato) che allevierebbe le pene di un anno molto brutto per i gestori, che per la prima volta dopo tanto tempo non hanno avuto praticamente alcuna asset class sulla quale investire proficuamente, dato che i bond sono scesi quasi quanto l’equity.

La vera sfida, tuttavia, verrà solo nel 2023, quando usciranno le guidance sugli utili delle società, in una economia che si starà avviando (o avvitando?) verso una recessione più o meno lunga. E con i tassi più alti, anche i multipli dovranno adeguarsi. Sarà una grande occasione di acquisto? Probabilmente sì, ma almeno nel breve periodo continuiamo a rimanere vigili.