Investimenti, attenzione: Europa sempre più schiacciata tra Usa e Asia

Sia nel primo che nel secondo trimestre dell’anno il PIL USA ha registrato per due volte consecutive un tasso di decrescita e, in questi casi, gli economisti definiscono tale scenario come una recessione tecnica. Rispettivamente, è stato stimato un -1.6% ed un -0.6% su base annuale. Nonostante l’ultimo dato sull’inflazione, con riferimento al mese di luglio, abbia sancito un probabile picco, la crescita dei prezzi risulta ancora significativamente elevata e la Federal Reserve dovrebbe continuare ad adottare una politica monetaria restrittiva, a costo di raffreddare l’economia. Infatti, diverse società, incluse le big della tecnologia statunitense, in vista di una possibile recessione hanno già cominciato a ridurre le assunzioni.

In questo scenario, ecco di seguito la view di Giacomo Calef, Country manager di NS Partners.

Tuttavia, anche se negli Stati Uniti dovesse verificarsi una recessione, l’impatto sull’economia potrebbe essere più contenuto rispetto ai Paesi europei. Da un lato, il mercato del lavoro mostra comunque segni di solidità, con un numero di nuovi posti di lavoro creati a luglio che ha sorpreso in positivo ed un tasso di disoccupazione che è sceso sotto il minimo pre-pandemia, pari a 3.5%. Inoltre, il settore privato gode di una buona salute finanziaria, con i risparmi che sono stati accumulati nel corrente ciclo economico che si attestano a circa il 10% del PIL. Quest’ultimi, in particolare, saranno utili per assorbire gli effetti di una potenziale recessione economica. Dall’altro lato, invece, si consideri l’importante ciclo di investimenti strutturali che ci attendiamo per i prossimi anni. Ad agosto Biden ha siglato l’Inflation Reduction Act, ovvero un vasto programma di investimenti da 750 miliardi di dollari per la transizione energetica, soprattutto, oltre a sanità e fisco. Ben differente, invece, la situazione europea, che questa settimana è stata segnata da evento storico: il tasso di cambio EUR vs USD, per la prima volta, è sceso sotto la parità, con i mercati che temono maggiormente l’arrivo di una recessione. Molti Paesi europei sono importatori di energia, denominata in dollari, e l’indebolimento dell’euro non fa altro che aumentare l’inflazione importata. La normalizzazione della politica monetaria della BCE, infatti, non riesce a stare al passo con quella della Federal Reserve, poiché l’inflazione europea non è determinata dalla forza della domanda, come negli USA, bensì dagli elevati costi dell’energia. In questo contesto, dunque, è ragionevole attendersi che l’euro possa deprezzarsi ulteriormente. A livello di asset allocation sarebbe quindi più opportuno focalizzare gli investimenti negli Stati Uniti, dove  la maggior parte delle big cap hanno pubblicato risultati di bilancio migliori delle attese, nonostante i maggiori costi operativi e la forza del dollaro, che penalizza i ricavi generati all’estero.

India: il prossimo colosso asiatico

Quando guardiamo all’Asia il Paese che più la rappresenta a livello economico, ad oggi, è certamente la Cina, il secondo al mondo per prodotto interno lordo. Tuttavia, in quest’ultimo periodo, il Paese sta subendo le ripercussioni dei continui lockdown, dovuti alla pandemia da Covid-19, del rallentamento del settore immobiliare e della siccità, che fanno rivedere al ribasso le stime di crescita dell’economia cinese a circa il 3% nel 2022, mancando dunque i piani del governo.

D’altro canto, il discorso è diverso in India che, con l’affievolirsi del numero di contagi, ha potuto contare su un rimbalzo della domanda interna, il cui PIL è previsto crescere, secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale, del 7.4% nel 2022, triplicando così le previsioni di crescita degli Stati Uniti. Oltre a ciò, il Paese sta registrando un continuo declino, da 5 mesi a questa parte, del tasso di inflazione, che nel mese di agosto segna un 6.71% su base annua, poco al di sopra del range target della Banca Centrale (2-6%), sia grazie ai ripetuti aumenti del tasso di interesse, che oggi è al 5.4%, che alla maggiore importazione di petrolio russo acquistato a sconto da quando ha avuto inizio il conflitto russo-ucraino, in cui il Paese ha deciso di adottare una posizione di neutralità diplomatica circa le sanzioni imposte dai paesi occidentali. Inoltre, le aspettative per il futuro dell’economia sono anche più incoraggianti, con la State Bank of India che si attende una crescita del 15.7% nel primo trimestre del 2023, anno su anno, vedendo molto più nitide le previsioni che riguardano il prossimo decennio, dove l’India sarà, con molta probabilità, la terza economia mondiale e seconda in Asia, superando il Giappone e posizionandosi subito dopo la Cina come super potenza entro il 2030. Di pari passo vanno, dunque, le aspettative sul mercato azionario, dove il Nifty 50 Index, come si può vedere dal grafico sopra riportato, è stato in grado di sovraperformare non solo l’indice azionario dei Paesi Emergenti e dei Paesi del Pacifico, ma anche l’S&P 500, di circa il 14.5% da inizio anno. Concludendo, secondo gli analisti, tra i settori che trarranno maggiori benefici dall’attuale contesto economico troviamo sicuramente il finanziario, favorito in un contesto di tassi di interesse in aumento, e le infrastrutture, visti gli enormi investimenti per i prossimi anni volti a sostenere lo sviluppo del Paese.