Fugnoli (Kairos): “È ora di prepararsi a una grande rotazione settoriale”

A cura di Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos

I siti meteo indicano da qualche anno due dati distinti sulla temperatura. C’è quella reale, misurata da apparecchiature più o meno sofisticate, e poi c’è la temperatura percepita, che tiene conto della velocità del vento, della luminosità dell’aria e dell’umidità. Nella vita pratica della maggioranza delle persone la percepita è più importante, perché determina umore e comportamenti più di quella reale.

Lo stesso si può dire per i mercati, che amano spiegarsi come specchio della realtà, ma si muovono in effetti sulla realtà percepita, che è una costruzione mentale in cui entrano attese, paure e speranze.

Pensiamo a Covid. Nessuno ha mai saputo davvero quanto sarebbe durato e nessuno sa davvero quanto durerà, mesi, anni o tempi ancora più lunghi, come per altre malattie. La realtà sottostante del virus e delle sue mutazioni imprevedibili è kantianamente inconoscibile, così come non sappiamo poi molto sull’efficacia dei vaccini e delle cure.

Da persone pratiche, tuttavia, facciamo qualche considerazione sulla pandemia percepita. Quest’estate c’è stato un momento in cui Covid era clinicamente sparito dall’Europa. I mercati non hanno però percepito la forte diminuzione dei casi e della loro gravità come fine della pandemia. Hanno festeggiato, naturalmente, ma a metà, senza cioè coinvolgere in modo significativo i titoli più colpiti dalla pandemia e spingendo invece ulteriormente i tecnologici. Questo è successo perché eravamo condizionati ad attenderci una seconda ondata, di fronte alla quale ci saremmo trovati indifesi, senza ancora cure e vaccini efficaci e sufficienti.

E in effetti la seconda ondata è arrivata ed è per alcuni aspetti anche più forte della prima. In gennaio però, ci dicono, cominceranno ad arrivare i primi vaccini. Per qualche settimana saranno contesi tra i diversi paesi in un quadro generale caotico. Si formerà un mercato nero parallelo alla distribuzione ufficiale, che sarà a sua volta oggetto di pressioni politiche di ogni tipo. Ci sarà ad esempio chi vorrà distribuirli in primo luogo nelle aree più colpite e chi rivendicherà invece il diritto di tutti di non subire discriminazioni. Saremo nel cuore dell’inverno, quando il virus è nel suo clima ideale, e saremo forse in un secondo ciclo di lockdown dopo la tregua natalizia. Ruotare molto i portafogli, in questo contesto, apparirà ancora prematuro. La mobilità sarà più bassa rispetto all’estate, gli aeroporti saranno ancora più vuoti e alcune società che hanno cercato fin qui di stringere i denti e resistere faranno in tempo a diventare insolventi e, in alcuni casi, ad uscire per sempre dal mercato.

Spostiamoci però a giugno. Da lì in avanti saremo letteralmente inondati di vaccini perché saranno in produzione e in distribuzione non i pochi che vengono preannunciati in questi giorni, ma praticamente tutti quelli che sono stati messi in cantiere fin dalla scorsa primavera in tutto il mondo. Invece del mercato nero avremo l’imbarazzo della scelta tra 150 prodotti. Avremo anche qualche cura in più.

In giugno farà caldo, ed è probabile che i casi, dopo il picco di febbraio, saranno di nuovo in diminuzione e tendenti a zero. In giugno, inoltre, è verosimile che i vaccinati della prima ora risultino ancora sufficientemente immunizzati, tanto da non fare temere una troppo scarsa efficacia dei vaccini.

In giugno insomma (potrà ovviamente essere maggio o luglio o agosto, poco importa) si creerà un allineamento di circostanze per cui l’epidemia percepita sarà praticamente scomparsa, questa volta definitivamente.

Non vogliamo dire che sarà necessariamente scomparsa sul serio. La variante di Covid che sta flagellando oggi l’Europa si è del resto formata proprio in agosto nelle torride campagne spagnole e può darsi che il ciclo si ripeta l’estate prossima. Potrà anche succedere che, dopo qualche mese di distribuzione, l’efficacia dei vaccini si dimostri insufficiente e di breve durata.

Ma questi sono problemi che riguarderanno eventualmente l’epidemia reale. L’epidemia percepita è però quella che conterà per i mercati, almeno per qualche mese. Se già nei giorni scorsi abbiamo visto partire la gara al rialzo sulle stime di borsa per il 2021, entro giugno vedremo partire la gara a dichiarare terminata la storia di Covid. E se già oggi circola l’idea dei Ruggenti Anni Venti come calco dello stesso decennio del secolo scorso, possiamo immaginare verso quali vette si spingeranno le narrazioni sulla Grande Ricostruzione che ci accompagnerà nei prossimi anni.

Ci sarà insomma un momento, da qui all’estate, in cui la grande rotazione apparirà non più rinviabile. Qualcuno si alzerà a proclamare che in questi mesi di confino abbiamo accumulato fin troppa ferraglia elettronica, tanto da non doverne acquistare più per qualche anno, mentre i nostri armadi sono pieni di vestiti in cui non entriamo più o comunque fuori moda. Nessun gestore potrà evitare la grande rotazione, pena l’accusa di avere dormito su un materasso di tecnologia costosissima quando a portata di mano c’erano settori interi con multipli ridicolmente bassi e prospettive di boom delle vendite.

Alla fine la grande rotazione risulterà eccessiva e prematura. Gli early cyclicals fioriranno nella loro breve stagione e poi, smaltita la domanda arretrata, torneranno nel loro grigiore. La tecnologia, dal canto suo, manterrà la sua forza strutturale, ma in borsa segnerà il passo per qualche tempo, non per demeriti propri, ma perché i gestori, non disponendo di soldi infiniti, ne dovranno vendere una parte per potere comprare il resto.

Da aprile a oggi abbiamo già visto molte false partenze della grande rotazione. Questi tentativi sono stati più che altro un arbitraggio tra valutazioni percepite come troppo alte da una parte e troppo basse dall’altra, senza cioè grandi speranze in un cambiamento strutturale delle prospettive sottostanti. A un certo punto tuttavia il divario delle prospettive apparirà restringersi sul serio e la rotazione nei portafogli perderà il sapore speculativo che ha avuto finora e diventerà una migrazione di massa, quantomeno stagionale. La migrazione avrà anche effetti esterni all’azionario. Ci sarà un modesto aumento dei rendimenti sulla parte lunga dei governativi e questo frenerà per qualche tempo il rialzo di oro e bitcoin.

Da qui all’estate c’è tutto il tempo per prepararsi alla grande rotazione. Si potranno aggiustare i portafogli a piccoli passi, alleggerendo i campioni del 2020 su ulteriore forza e comprando gli altri settori in momenti di debolezza. Suggeriamo di non avere uno spirito speculativo nella rotazione, di non andare cioè a cercare i titoli più deboli nella speranza che rimbalzino più degli altri. Soprattutto nella fase iniziale, da qui a primavera, sarà bene acquistare solo i settori meno compromessi (meglio i consumer discretionary delle linee aeree, per intenderci) e, nei settori migliori, le società meno indebitate e con più disponibilità di cassa.

I giorni peggiori per organizzare la rotazione saranno quelli in cui verranno annunciati vaccini o pacchetti fiscali. Quelli migliori saranno quelli in cui Covid tornerà ad apparire invincibile e quando vaccini e cure verranno messi in discussione.

Partecipare alla rotazione non sarà obbligatorio. Chi ha portafogli tematici di lungo termine impostati su grandi scelte politiche di respiro secolare come l’ambiente o su idee come l’innovazione o la salute non diventerà certamente povero durante la grande rotazione e trarrà comunque vantaggio dal clima di ricostruzione, tornando a battere il resto del mercato quando la rotazione sarà terminata.

Venendo al breve, dopo il rialzo postelettorale si profila una fase di decantazione e, Covid permettendo, di discesa della volatilità. Un buon momento per cominciare a programmare la rotazione.

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