Ecco cosa attendersi dal 2024 secondo Kairos Partners SGR

“Il rimbalzo che avevamo chiamato a fine mese scorso sembra iniziare ad essere arrivato con l’esaurimento di alcuni fattori tecnici che iniziano a perdere forza, ciò non significa che il mercato debba tornare a scendere e, anzi, il particolare periodo dell’anno può ancora aiutare i mercati a salire, ma stiamo passando nella fase successiva in cui i fattori che possono trainare il mercato potranno essere differenti”. Questa l’opinione di Alberto Tocchio, Head of European Equity and Thematics di Kairos Partners SGR, che di seguito spiega la view più nel dettaglio.

Oggi vorremmo quindi esaminare cosa è accaduto e cosa potrà attenderci per fine anno e l’inizio del 2024.

Quest’anno in Europa abbiamo avuto 3 rimbalzi, tutti guidati dal posizionamento e dal movimento dei tassi, il primo ad inizio anno in cui l’EuroStoxx 50 era salito di quasi il 10% in poco più di 2 settimane, il secondo a marzo in cui l’indice è salito del 9% in 5 settimane e ora abbiamo avuto una performance positiva vicina all’8% in 3 settimane. Rimbalzi sempre violenti e brevi che se mancati o presi male avrebbero compromesso tutta la performance annuale.

In US i rimbalzi tecnici ci sono stati, ma gli indici S&P 500 e Nasdaq 100 hanno tendenzialmente avuto un trend forte grazie alle mega-cap che hanno beneficiato del loro status di titoli sicuri, non indebitati, in forte crescita e di una specie di circolo vizioso in cui ogni volta che comperi i futures o i principali ETF, loro ricevono flussi in acquisto.

Grazie al forte movimento dei tassi, dove ad esempio il 10-anni Usa è passato dal 5% a sotto il 4.4% in sole 4 settimane, hanno stretto anche gli spread sul credito e vi è stata una forte componente di coperture non solo sui futures dove i sistematici si sono chiusi di tutti gli short sull’azionario in sole 3 settimane. Un record, ma anche in termini di nomi corti singoli che gli Hedge hanno dovuto ricoprire con l’incremento di peso netto più alto in così poco tempo e con ad esempio il simbolo dei titoli cosiddetti non-profitable tech, ovvero l’ETF Ark Innovation che è salito in 3 settimane del 26% contro l’S&P 500 che non arriva al 10% di rimbalzo.

È quindi un chiaro rimbalzo di posizionamento. Dopo diversi mesi in cui il mercato sperava e scommetteva sul picco dei tassi, questo momento è arrivato in una fase in cui il mercato era sotto-posizionato ed aveva, come abbiamo spesso citato, il più alto numero di posizioni corte sui bond governativi di sempre.

Ancora una volta dobbiamo però descrivere questo movimento come ristretto, ovvero con poca partecipazione. Anche Amazon, dopo Apple, ora ha una capitalizzazione pari a tutto l’indice delle small cap Russell 2000 e questi due titoli saliti da inizio anno rispettivamente del 70% e 46% ora rappresentano il 15% dell’indice S&P 500, situazione mai accaduta precedentemente con il titolo medio dell’indice che è appena poco positivo nell’anno e l’indice citato delle small cap che non solo è invariato da inizio anno ma paragonato al Nasdaq ha sottoperformato di quasi il 50% da inizio anno qualcosa che non si era visto neanche durante la bolla tecnologica.

Attenzione, ciò non significa che tale movimento non posso andare avanti e, anzi, c’è da notare come tutta la carta che stia arrivando sul mercato lato credito, con molte emissioni corporate e azionario, con il ritorno dei piazzamenti e delle Ipo sia ben assorbita, ma forse per continuare a salire il mercato potrebbe iniziare ad allargare il suo spettro di azione coinvolgendo ulteriori ricoperture di corti sui settori più penalizzati e il movimento di storno dei tassi potrebbe anche arrivare al 4%, insieme ad un indebolimento del dollaro e perché’ no ad un rimbalzo anche degli Emerging Markets. Del resto una recente intervista di una nota banca d’affari Usa ai loro clienti mostrava come quasi il 70% dei clienti avrebbe alzato il peso dell’azionario nelle prossime settimane.

Sentiment europeo di nuovo galvanizzato sui Tier1 bancari dopo la recente emissione di UBS andata oltre alle aspettative e il mercato è riuscito a fare bene nonostante il downgrade sull’outlook del credito US di Moody’s, probabilmente perché era una situazione non nuova per il mercato, ma le problematiche non sono certo sparite in queste ultime settimane e credo che possano tornare ad essere un punto negativo nei prossimi mesi.

Moody’s cita rischi sulla stabilità fiscale e del credito e seppure abbia comunque affermato il triplo A (unica agenzia di rating che ha ancora l’equivalente del triplo A sull’US), sappiamo tutti le difficoltà che sta avendo  con 33 trilioni di debito e 2 trilioni di deficit fiscale accumulato quest’anno con la necessità crescente di emettere altro debito con le aste di governativi per potersi finanziare in un mercato che non solo fa sempre più fatica a digerire le aste, ma dove ad esempio in Giappone è stata venduta da parte degli investitori la cifra record di oltre 17 mld di dollari di treasuries sul mercato solo in Ottobre e con più di 8 trilioni di debito che scadrà nei prossimi 12 mesi (1/3 del totale treasuries) ovvero più di 3 volte di quelli emessi quest’anno.

È una situazione esplosiva per un governo che quest’anno ha speso solo per gli interessi sul debito più di 1000mld, più del doppio di quanto pagato 2 anni fa e che in ottobre ha mostrato ancora dei dati di spesa fiscale pari al 24% del Gdp…facile quindi attendersi un impulso fiscale negativo per i prossimi mesi, implicando un ulteriore drenaggio di liquidità insieme a dei tassi che faranno decisamente fatica a scendere sotto il 4%, se la Fed non interviene massicciamente, cosa che fino ad ora è stata fermamente negata.

Il recente deterioramento di alcune componenti macro-economiche, insieme alle ultime misure di inflazione lato consumatori e produttori hanno aiutato il movimento al ribasso dei tassi in queste ultime settimane.

Il dato sull’inflazione CPI di settimana scorsa ad esempio ha sorpreso in positivo, in quanto più basso delle attese soprattutto sulla componente energetica, auto usate e tariffe aeree insieme ai servizi medici e prezzi affitti in stabilizzazione. Un dato del genere non era certo compatibile con un rialzo di tassi da parte della Fed il prossimo mese e quindi sentiment e posizionamento hanno giocato a favore della price-action di mercato. Ha aiutato anche il dato inflattivo lato produttori, il PPI, che sempre grazie al declino dei prezzi energetici ha fatto registrare la più forte contrazione mensile del PPI dal periodo Covid. Dati inflattivi buoni anche in UK con la Bank of England che potrà prendere fiato e iniziare a pensare a possibili tagli per l’anno prossimo.

Ma attenzione perchè questo rapido declino, se è positivo sui tassi con il mercato che sconta i primi tagli già per primavera dell’anno prossimo, dall’altro, così come del resto il prezzo dell’oil sceso di oltre il 20% dai massimi di fine settembre, ci stanno confermando che l’economia stia rallentando e per vedere i tassi sotto al 4% ci vuole una recessione.

E qua torniamo ai dati che vi forniamo ogni settimana sulla salute del consumatore e delle aziende e che abbiamo visto deteriorarsi lentamente, ma inesorabilmente dall’inizio dell’estate.

Siamo quindi in presenza di ben 12 mesi consecutivi di contrazione del manufatturiero in Usa, tipica situazione che porta alla recessione o a una deflazione da prezzi nei trasporti container via nave, scesi in ottobre di oltre l’11%, numeri che non si vedevano da anni, così come fiducia dei consumatori e aziende in territorio tipico da recessione, forza del lavoro in declino, nuovo record per utilizzo di carte di credito salito del 16% dall’anno scorso, con gli interessi più alti di sempre al 21%, incremento delle delinquencies sempre su carte di credito all’8% o 6% sui leasing auto e ovviamente standard di nuovo accesso al credito sempre più limitati che inevitabilmente porteranno ad un disagio sociale notevole e sempre più probabile recessione nel 2024.

A livello di aziende, sono state tante le società che solo la settimana scorsa hanno fornito segnali allarmanti per la spesa del consumatore a venire e tra queste ne menzionerei due, Wallmart che ha visto una forte contrazione nelle ultime 2 settimane di ottobre e Cisco che anche lei ad ottobre ha visto i clienti iniziare ad assorbire le scorte e rallentare gli ordini… è un trend ahimè inevitabile vista la forte stretta creditizia effettuata negli ultimi mesi e di cui parliamo da tempo.

Manca 1 mese a Natale e abbiamo poche settimane piene da qua a fine anno per capire cosa ci può attendere per il 2024, in un mercato che potrebbe ora forse entrare in una fase laterale digerendo quanto di veloce sia accaduto in questo ultimo periodo.

Gli investitori sono entrati nel 2023 consensualmente negativi sull’azionario e attendisti sull’obbligazionario aspettando un picco dei tassi che ha tardato molto più del previsto ad arrivare.

I bond governativi US hanno perso il 15% in 3 anni con i tassi che sono passati dallo 0 al 5%. Abbiamo quindi assistito alla perdita più grande dei Bond nella storia, mentre sull’azionario ci siamo più o meno difesi, in particolare per i nomi a grossa capitalizzazione in US i guadagni in 3 anni sono consistenti.

Ci presenteremo ad inizio 2024 con un mercato che sarà molto consensuale sulla potenziale performance positiva dei Bond e il più grande posizionamento visto in 20 anni ad eccezione di due periodi quali marzo 2009 e dicembre 2008.

Il mercato è quindi pronto a scommettere che una recessione porterebbe comunque i tassi a scendere aiutando i governativi e corporate di qualità ma facendo sicuramente salire la volatilità sull’azionario.

Dovremo quindi attenderci un rallentamento dell’inflazione e dell’economia e parecchia rotazione settoriale a favore di settori più difensivi come le utilities o i pharma che beneficerebbero anche del movimento tassi e tanta possibilità di trading con anche una view per ora per nulla consensuale che rischia di essere l’ago della bilancia per alcune asset class, il $ come già anticipato nell’ultima puntata, ci attendevamo un suo indebolimento e qualcosa sta muovendosi ma potrebbe essere ancora un movimento più marcato… anzi è forse l’ultima grossa posizione consensuale lunga su cui il mercato per ora non vuole discostarsi e un suo indebolimento potrebbe anche portare ad una sovraperformance degli emergenti con la situazione in Cina che sembra risvegliarsi da un torpore durato mesi non solo per il rilassarsi della geopolitica, ma soprattutto perché’ il governo e la banca centrale stanno continuando a fornire misure di supporto all’economia e nelle ultime ore si è rilassata la situazione politica anche a Taiwan prima delle importanti elezioni presidenziali di Gennaio

L’anno sarà lungo e interessante perché non dimentichiamoci che ci saranno le elezioni anche in Usa tra 12 mesi e se Trump dovesse tornare come valido candidato il mercato si porterebbe avanti nei mesi precedenti scontando nuove tariffe e dazi ma anche deregulation nel settore energetico e possibili politiche fiscali espansive.