“L’inflazione è sicuramente un fattore chiave da tenere in considerazione. Anche se sembra che il tasso globale abbia raggiunto il suo picco, sarà importante monitorare il ritmo con cui scenderà e dove si assesterà al di sopra del livello-obiettivo del 2%”. Ad afermarlo è Johan Van Geeteruyen, CIO Fundamental Equity di DPAM, che di seguito indica nei particolari la view in termini di asset allocation per i prossimi mesi.
Le valutazioni
Anche le valutazioni sono un fattore importante nelle decisioni di investimento. In generale, quest’anno le azioni globali sono scese significativamente a causa dei cambiamenti nelle politiche delle banche centrali e dei rischi geopolitici. Se un mese fa i mercati azionari erano considerati un “buon affare”, il recente rally ha riportato le valutazioni ai livelli precrisi. Negli Stati Uniti, il mercato è ora valutato con multipli pari a 17 volte gli utili, lo stesso livello del 2019. Tuttavia, l’inflazione è salita oltre l’8, i tassi di interesse sono stati alzati quattro volte e la crescita del PIL è crollata. Questo prezzo presuppone l’assenza di recessione o almeno un atterraggio morbido. Tuttavia, ci sono segnali di debolezza, con il 30% dei titoli dell’S&P 1500 valutati con multipli inferiori di 10 volte rispetto agli utili. In Europa, le valutazioni sono estremamente convenienti a causa della guerra tra Russia e Ucraina e della crisi energetica in corso. Questo ha spinto gli investitori stranieri a cercare approdi più sicuri come gli Stati Uniti. Si tratta di un’opportunità di acquisto? Probabilmente sì, ma non a tutti i costi.
La liquidità
La liquidità è un altro fattore da prendere in considerazione. Dopo un decennio di abbondanza e di relativa calma dei mercati, la dura posizione delle banche centrali sul controllo dell’inflazione è stata accompagnata da una maggiore volatilità. E più volatilità significa di solito meno liquidità. Il criterio della profondità del book di negoziazioni mostra che quasi nessuna operazione viene effettuata ai livelli bid/ask quotati, il che ha senso data l’estrema volatilità. Una recente analisi dell’FMI mostra inoltre che nelle ultime settimane gli indicatori di liquidità del mercato sono peggiorati in tutte le classi di attivi. Ciò rappresenta, ovviamente, una grande sfida per le valutazioni. Sulla base di quanto analizzato, possiamo concludere che un calo a lungo termine dell’inflazione core è l’aspetto più importante da tenere d’occhio. È difficile fare affidamento su utili e liquidità, il sentiment degli investitori è molto debole ma non ancora polarizzato e il de-rating azionario presuppone ancora che le cose non vadano troppo male. Abbiamo a che fare con un mercato unidirezionale: l’inflazione è la chiave. L’inflazione toccherà il fondo quando probabilmente i tassi di interesse saranno saliti troppo. È molto difficile prevedere con esattezza quando ciò avverrà. Concretamente, cosa significa tutto questo? Dobbiamo attendere che cambi il corso della marea e nel frattempo ignorare questa classe di attivi? Non proprio. Anzi, ogni crisi porta con sé delle opportunità.
Cina, wild card per il 2023
L’economia cinese è ancora una parte importante della crescita globale e ci sono segnali di allentamento della situazione (compagnie aeree, lavoro da flussi migratori, ecc.). Il nuovo piano in 16 punti ambisce anche a ristrutturare il settore immobiliare e punta a ripristinare la fiducia. Nel frattempo, gli investitori stranieri si sono arresi e il mercato è sottovalutato, a soli 11x P/E. Quando si investe in Cina, bisogna essere molto selettivi e concentrarsi sulle aziende con solidi fondamentali. Le sfide rimarranno, ma c’è un potenziale di sovra performance. Taiwan rimarrà un problema, ma Xi Jinping e Biden stanno cercando di migliorare le relazioni.
Deglobalizzazione e capitali aziendali favoriscono l’Asia
Un’altra opportunità è rappresentata dall’Asia, Cina esclusa, che offre diverse opportunità. L’India è una potenza a sé stante, con l’aspettativa di conquistare il 15% del PIL mondiale entro il 2050, a fronte del 20% previsto per la Cina. La regione è quotata solo a 13x P/E rispetto ai 17x degli Stati Uniti, che offrono una crescita inferiore. Vietnam, Filippine e Nigeria dovrebbero crescere di oltre il 4% all’anno fino al 2050. Questa area geografica potrà trarre beneficio dalla crescita cinese e dalla deglobalizzazione. I suoi due miliardi di abitanti beneficeranno della delocalizzazione dei capitali delle grandi aziende. Ad esempio, Apple sta spostando la produzione dalla Cina all’India e Adidas produce già il 40% in Vietnam. Inoltre, in questa regione le finanze statali e le politiche delle banche centrali sono stabili e rigorose e alcuni di questi Paesi hanno gestito l’inflazione in modo proattivo.
Il real estate quotato offre opportunità
Nell’attuale contesto di aumento dei tassi d’interesse e di deterioramento del contesto economico, il settore immobiliare quotato è stato più volatile del solito. Il repricing degli immobili quotati rispetto a quelli fisici è stato notevole e immediato. Il riposizionamento dei prezzi degli asset diretti è iniziato solo nel secondo semestre. Lo sconto medio sul NAV degli immobili quotati è ora del 50%, il che implica un riprezzamento del 30% delle attività sottostanti e un aumento dell’1,6% del rendimento immobiliare. Se il mercato ha ragione, ciò implica uno stress sui bilanci che dovrà essere risolto attraverso tagli ai dividendi, vendite forzate e vendita di diritti in caso di insolvenza. Le società ad alto indebitamento sono ancora in fase di negazione, ma il fenomeno è già iniziato con Castellum, TAG Immo, Unibail, per esempio. Tuttavia, di recente abbiamo assistito anche a transazioni per motivi di crescita incrementale, il che è positivo (WDP, Montea…). A differenza del mercato, riteniamo di aver assistito alla maggior parte del declino del settore immobiliare quotato. I nuovi investitori vorranno assistere alla fase ultima di questo fenomeno prima di entrare su questa classe di attivi.