Asset allocation, obbligazioni: la view di Neuberger Berman

“Tre settimane fa scrivevamo che “è più probabile che si verifichino delle crepe nei mercati valutari o dei titoli di Stato che in quelli creditizi”. Onestamente non ci aspettavamo che queste crepe si palesassero così rapidamente e visibilmente. La scorsa settimana, i rendimenti dei Gilt britannici indicizzati si sono impennati di oltre 60 punti base, mentre quelli dei Bund tedeschi, solitamente poco volatili, hanno registrato oscillazioni a doppia cifra”. A farlo notare è Brad Tank, Cio Chief Investment Officer—Fixed Income di Neuberger Berman, che di seguito prova a spiagare cosa sta succedendo.

In breve, citando le recenti parole di Joe Amato, riteniamo che questo contesto di elevata inflazione stia costringendo chi investe in obbligazioni societarie a combattere una battaglia solitaria contro i policymaker, ricordando loro che “il capitale non è gratis”.

Laddove le politiche monetarie e fiscali sono coerenti, a nostro avviso, i rendimenti dei titoli di Stato potrebbero essere vicini ai propri picchi ciclici e pronti ad oscillare entro intervalli ben definiti. Laddove invece le decisioni politiche sono incoerenti, i mercati sono pronti a condannarle. Questo rigore viene ora applicato ai titoli di Stato dei Paesi sviluppati proprio come avverrebbe normalmente per le obbligazioni governative del mondo emergente, e, come abbiamo già visto, questo può spingere la volatilità fino a livelli storicamente elevati.

Incoerenze interne

Le politiche possono essere incoerenti in due modi: all’interno di uno stesso Paese per inconsistenza tra politiche fiscali e monetarie, oppure tra uno Stato emittente e l’altro.

Sembra proprio che il Regno Unito si sia fatto avanti come manifesto dell’incoerenza interna.

Mentre la Bank of England inaspriva le politiche monetarie per contrastare l’inflazione, il nuovo governo annunciava tagli fiscali per miliardi di sterline. Si tratta di un provvedimento fiscale verosimilmente mal concepito (in quanto non finanziato, inflazionistico e regressivo) e, di sicuro, mal comunicato (con alcuni tagli comunicati all’ultimo minuto, senza tener conto di alcun input da parte dell’organismo britannico di vigilanza sui conti pubblici e senza pensare alle possibili conseguenze per il mercato dei Gilt o al settore britannico dei fondi pensione, che detiene ingenti quantità di titoli di Stato del Paese). Nel bel mezzo di un rialzo dei tassi e del suo quantitative tightening, la banca centrale del Paese ha dovuto avviare un nuovo round di acquisti d’emergenza di Gilt, inviando anch’essa dei segnali contrastanti.

Incoerenze tra uno Stato sovrano e l’altro

Per trovare un buon esempio di incoerenza tra un emittente governativo e l’altro basta guardare dall’altra parte della Manica.

L’Europa è alle prese con un inverno potenzialmente difficile, caratterizzato da scarsità di energia, a causa della guerra in Ucraina e dell’interruzione, da parte della Russia, delle proprie forniture di gas. La Germania, in risposta, ha varato un piano da 200 miliardi di euro per mettere al sicuro consumatori e imprese dagli effetti di questa crisi, proprio mentre la Banca Centrale Europea (BCE) utilizzava toni duri sull’inflazione ed i ministri dell’energia dell’UE si dirigevano a Bruxelles per mettere a punto una qualche sorta di strategia comune.

“Si tratta di un atto che mina alla base le ragioni dell’unione”, ha dichiarato con rabbia un consigliere del nuovo governo italiano. Qualora, invece, nel corso del fine settimana, l’Italia avesse trasmesso alla Commissione Europea una bozza di bilancio anche solo timidamente espansiva, l’Italia sarebbe stata con tutta probabilità criticata dagli altri membri dell’eurozona e rimessa in riga dai mercati finanziari.

Quando scoppiò la pandemia l’eurozona reagì mostrando una sorprendente unità, e le voci di un sostegno tedesco all’emissione di obbligazioni comuni dell’eurozona per finanziare prestiti volti a contrastare la crisi energetica potrebbero segnalare una disponibilità a preservare tale solidarietà. Detto questo, l’eurozona rimane a nostro parere una fonte di rischio per i mercati sia sul versante dell’inflazione che su quello della crescita, specialmente qualora le politiche divenissero ancor più incoerenti.

Gli outlier

L’Europa non è l’unico luogo in cui si registrano politiche incoerenti.

A maggio avevamo messo in evidenza la sempre maggiore incoerenza delle politiche monetarie della Bank of Japan (BoJ) a fronte dell’aumento dell’inflazione e delle aspettative inflazionistiche. Mentre l’istituto manteneva i tassi in territorio negativo e continuava ad attuare politiche di controllo della curva dei rendimenti, la correzione ha danneggiato soprattutto lo yen che, da allora, è crollato fino ai propri minimi degli ultimi 24 anni rispetto al dollaro, inasprendo le pressioni inflazionistiche. La riunione di dicembre della Bank of Japan potrebbe portare con sé il cambio di orientamento a lungo atteso; è quindi il caso di prestarvi particolare attenzione.

Inoltre, benché finora gli Stati Uniti si siano tenuti in gran parte alla larga da tali incoerenze sul fronte delle politiche, le elezioni di metà mandato di novembre potrebbero risultare determinanti per il futuro del Paese. Secondo alcuni, ad esempio, determinate parti dell’Inflation Reduction Act sono in qualche modo da rivedere, ed è difficile capire come la recente proposta del Dipartimento del Lavoro sulla classificazione dei lavoratori della “gig economy” possa risultare disinflazionistica qualora venisse tradotta in legge.

Mantenere la disciplina è difficile

Osserviamo, dunque, un gran numero di prove a sostegno dell’idea che i policymaker di aree sviluppate credano che ci troviamo ancora nel tipo di contesto che ha caratterizzato il periodo compreso tra la Grande Crisi Finanziaria e l’epidemia di COVID-19. A nostro avviso, tuttavia, siamo entrati in un nuovo territorio. Il mercato obbligazionario sembra pensarla allo stesso modo, ed è sempre più pronto a rivalutare al rialzo i tassi di rendimento dei titoli di Stato.

Come abbiamo scritto la scorsa settimana, si tratta di un fatto in ultima analisi positivo per la stabilità e sostenibilità economica. Ma la disciplina è difficile da mantenere e potrà portare con tutta probabilità a un aumento della volatilità, specialmente qualora i politici impieghino troppo tempo ad imparare la lezione.