Asset allocation, mercati emergenti: debito sotto la lente

Gillian Edgeworth, macro strategist di Wellington Management

Quadro complessivo: prospettive incerte dopo un anno turbolento

“È probabile che l’inflazione globale resti elevata, ma ci aspettiamo che si stabilizzi nel 2023, per poi diminuire gradualmente a partire da questi livelli, con il concretizzarsi di condizioni finanziarie più rigide e dell’attenuarsi delle strozzature nella filiera di produzione”. Parola di Gillian Edgeworth, macro strategist di Wellington Management, che di seguito di fronte a questo scenario fa il punto sul debito dei mercati emergenti.

La crescita globale sta iniziando a frenare a causa del venir meno degli stimoli fiscali e dell’aumento dei tassi, che limita l’attività creditizia. Il ritmo dei rialzi dei tassi nei mercati sviluppati dovrebbe rallentare in futuro, ma è probabile che il ritiro degli stimoli di politica monetaria da parte delle banche centrali di questi Paesi prosegua nel breve termine. La Cina potrebbe offrire impulso alla crescita globale con la fine dei lockdown dovuti al COVID nelle sue città principali, anche se resta da vedere se l’approccio “zero-COVID” del Paese persisterà in caso di future ondate del virus. Il massiccio impegno della Russia nella guerra in corso in Ucraina manterrà probabilmente elevati i prezzi energetici, soprattutto in Europa.

Un contesto globale difficile per i mercati emergenti

Questa confluenza di fattori macroeconomici ha messo a dura prova la crescita economica dei Paesi emergenti, che avevano ampiamente beneficiato della ripresa della domanda globale con la riapertura della maggior parte delle economie dopo la pandemia da COVID. Come altrove, lo shock globale dei prezzi energetici e prodotti alimentari ha fatto impennare l’inflazione complessiva nei Paesi emergenti. Lo shock dei prezzi delle materie prime in termini commerciali è positivo per i Paesi emergenti che esportano materie prime, ma negativo per quelli che le importano.

Alcuni Paesi emergenti sono in una posizione migliore per affrontare queste difficoltà, grazie a fondamentali più solidi e a un accesso facilitato ai finanziamenti. Altri, invece, devono fare i conti con un debito più elevato e con autorità monetarie interne che hanno un margine di manovra limitato in questa fase. I cicli elettorali nazionali saranno un’altra variabile da monitorare attentamente, in quanto possono avere un impatto sia sulla stabilità politica che sulle prospettive di recupero economico nei Paesi industrializzati, così come in Paesi emergenti chiave come Brasile e Turchia. Questo scenario globale incerto ha creato un’estrema dispersione degli spread creditizi sui singoli Paesi, che a nostro avviso rappresenta un’opportunità interessante per l’investimento attivo.

Tra i segnali che osserviamo come potenzialmente più costruttivi figurano l’allentamento delle tensioni geopolitiche, le pressioni inflazionistiche in frenata, il raggiungimento dei tassi terminali da parte della politica monetaria e un possibile miglioramento della crescita in Cina. Tutti questi elementi contribuirebbero a ridurre la stretta monetaria necessaria e auspicabilmente a diminuire i danni alla crescita globale e dei Paesi emergenti.

Panorama più roseo per l’obbligazionario degli emergenti

Gli spread del credito dei Paesi emergenti, sia nel debito sovrano che in quello societario, si sono ampliati insieme ad altri asset a reddito fisso e, dopo diversi mesi di sottoperformance in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, hanno raggiunto livelli che scontano ampiamente lo shock negativo nelle valutazioni attuali. Queste valutazioni potrebbero offrire l’opportunità di un’analisi approfondita per Paese e di una selezione di titoli sulla base del valore relativo, così da sfruttare al meglio ogni situazione. Ad esempio, i fondamentali di molti emittenti societari dei mercati emergenti appaiono particolarmente solidi nei settori del petrolio e del gas, delle telecomunicazioni, dei servizi di pubblica utilità e delle infrastrutture.

La maggior parte delle banche centrali dei Paesi emergenti è in netto anticipo rispetto a quelle dei Paesi sviluppati, in quanto hanno collettivamente aumentato i tassi d’interesse in modo significativo al momento della stesura di questo documento, contribuendo così a far salire a livelli interessanti i rendimenti dei loro mercati locali. Il ciclo di rialzo dei tassi è stato inaspettatamente prolungato a causa dell’impatto inflazionistico del conflitto tra Russia e Ucraina.

La differenziazione tra Paesi rimane importante, poiché le risposte di politica monetaria sono state diverse, con alcuni mercati emergenti prossimi alla fine dei loro cicli di rialzo (come ad esempio l’America Latina). Con la normalizzazione dell’attività economica globale, l’affievolirsi delle misure di stimolo fiscale e il ritiro della liquidità da parte delle banche centrali, le pressioni inflazionistiche dovrebbero iniziare a diminuire. Ciò dovrebbe consentire alle autorità monetarie dei mercati emergenti di avere un maggior margine di manovra per la stabilizzazione dei tassi prima del passaggio a un vero e proprio ciclo di allentamento, soprattutto considerando l’attuale momento di fiacca su molte economie emergenti.

Sul fronte delle valute dei Paesi emergenti, abbiamo osservato diverse difficoltà, tra cui la direzionalità al rialzo del dollaro statunitense (USD) e la volatilità dei tassi d’interesse sulla scia della fuga di molti investitori verso una “sicurezza percepita”. Nel più lungo periodo, prevediamo che le azioni proattive di molte banche centrali dei Paesi emergenti e un più ampio deficit commerciale esterno degli Stati Uniti (la bilancia commerciale dei mercati emergenti è passata rapidamente in deficit negli ultimi 12 mesi) contribuiranno probabilmente a sostenere le valute dei Paesi emergenti.

Infine, i dati tecnici suggeriscono che gli investitori esteri stanno generalmente presentando una sottoesposizione ai mercati emergenti locali, mettendo dunque in luce una minore domanda sulla scia di un’offerta limitata. Per quel che riguarda il credito dei Paesi emergenti, le nuove emissioni sono state ben al di sotto delle medie storiche e dovrebbero rimanere contenute. Pur presentando dei vantaggi, questa minore offerta riduce anche la liquidità, portando a un aumento degli spread tra domanda e offerta. I deflussi degli investitori hanno subito un’accelerazione nel terzo trimestre, ma di recente hanno iniziato a frenare. I fondi in valuta forte hanno registrato maggiori deflussi e livelli inferiori di attrazione dagli investitori esteri, mentre i deflussi locali sono stati dominati dagli investitori regionali.