Asset allocation: come muoversi tra bond e azioni in scia delle banche centrali

Spesso ai meeting delle banche centrali, le stime di crescita del PIL e di inflazione per il 2023-24 vengono cambiate. E purtroppo entrambe in peggio. Cerchiamo dunque di fare il punto andando a vedere le previsioni economiche dei principali istituti finanziari. Queste suggeriscono un generale rallentamento dell’economia con la crescita del PIL reale mondiale che si stima possa attestarsi tra l’1,6% e il 2,8%. In larga parte questa sarà trainata dall’economia cinese, stimata in netta ripresa (+4,8%) grazie soprattutto alla fine della politica zero-covid.

Le economie occidentali sono invece stimate in leggera recessione (-0,2%). Tra queste, gli USA sono attesi sperimentare un qualcosa più vicino ad un rallentamento (no landing), mentre leggere limature del PIL sono attese nei paesi dell’Eurozona (soft landing). L’inflazione è attesa decelerare in modo deciso grazie alle politiche monetarie restrittive adottate dalle banche centrali. La frenata sarà maggiore negli USA, dove è prevista una flessione al 3,7%, rispetto all’Eurozona dove la crescita dei prezzi è attesa attestarsi al 6,5%.

Come tutte le previsioni, esiste alcuni rischi potenziali, in questo caso orientati al rialzo. Tra questi:

  • l’effetto inflattivo su produzione, beni e servizi della crescita del prezzo dell’energia. Il timore è che per esempio l’inflazione possa rialzare la testa nell’inverno 2023-24 per le difficoltà di riempire gli stoccaggi europei allo stesso ritmo di quanto fatto nel 2022. E questo anche perché nel 2023 il mercato del gas naturale liquefatto non sarà in grado di compensare completamente le forniture perse, a causa della ripresa della domanda nel mercato cinese e asiatico. Il compito di eguagliare domanda e offerta di gas è affidato alle politiche di risparmio della domanda di gas, il cui risultato è piuttosto incerto;
  • la stabilità delle catene di approvvigionamento e i problemi geopolitici. Nel corso del 2023 l’inflazione è attesa flettere anche grazie alla ripresa delle catene di approvvigionamento. Il rimbalzo delle scorte dovrebbe contribuire ad esercitare una pressione al ribasso sui prezzi di materie prime e semilavorati. I conflitti geopolitici, i cui risvolti economici sono di difficile prevedibilità, rischiano tuttavia di compromettere nuovamente il funzionamento delle catene internazionali del valore;
  • la sostenibilità dei debiti sovrani. L’incremento dei tassi di interesse imposto dalle banche centrali, unito ad una significativa crescita dello stock di debito, ne aumenta il costo per i paesi più indebitati. E’ quasi scontato che questo crei tensioni sui mercati dovuti alla sostenibilità finanziaria dei paesi maggiormente indebitati, con inevitabili conseguenze sul sistema finanziario mondiale. Per l’Europa esiste un rischio ulteriore. Essendo poco probabile che la clausola di salvaguardia generale venga estesa anche al 2024, i budget degli stati per il prossimo anno dovranno presentare politiche fiscali ragionevolmente più restrittive di quelle che hanno caratterizzato gli anni a seguito della pandemia. Di quanto più restrittive, dipenderà ovviamente dalla riforma del Patto di stabilità e crescita, che è nell’agenda europea per il 2023. Ma questo crea incertezza.

E gli investimenti?

Partiamo dalle obbligazioni. I rendimenti obbligazionari reali sono notevolmente rimbalzati a svantaggio degli investitori nel 2022, quando le banche centrali hanno posto fine alla repressione finanziaria (modalità di tassare gli obbligazionisti mantenendo i rendimenti reali negativi). L’uscita dalla repressione finanziaria ha comportato gravi perdite per gli investitori in titoli a reddito fisso (rendimenti più elevati comportano, come noto, una riduzione dei prezzi dei titoli). Nell’era della repressione finanziaria, gli investitori in obbligazioni hanno dovuto assumere un maggiore rischio di credito per smorzare i rendimenti reali negativi. Adesso, invece, non è più necessario e gli investitori in obbligazioni possono evitare i rischi di credito più elevati, come l’high yield, e optare per obbligazioni di migliore qualità, ottenendo un rendimento decente. Non escludiamo che nel corso dell’anno il rapporto rischio/rendimento si possa spostare ancora verso le fasce più alte del rischio di credito, costringendo così gli investitori ad assumere più rischio (ad esempio quando gli indicatori anticipatori raggiungeranno il minimo nel 2023 e l’economia mostrerà segni di ripresa nel 2024).

Veniamo alle azioni. I mercati azionari di tutto il mondo hanno subìto una forte pressione nei primi nove mesi del 2022, a causa soprattutto del rialzo dei tassi di interesse. Riteniamo che il sell-off sia del tutto eccezionale perché è stato quasi interamente dovuto al derating dei multipli, ossia da valutazioni in calo, mentre le aspettative sugli utili sono rimaste stabili.

Nel 2023 riteniamo che gli investitori si concentreranno sempre più sulle prospettive degli utili e in particolare sulla resilienza degli utili societari a fronte del forte rallentamento dell’attività economica e delle pressioni inflazionistiche. Crediamo quindi che sia ragionevole per gli investitori mantenere una strategia orientata verso i titoli di qualità ed a elevato cashflow.

Più avanti e probabilmente a cavallo tra prima e la seconda metà del 2023, si potrà gradualmente iniziare a valutare settori più ciclici, che dovrebbero iniziare a guardare oltre il rallentamento temporaneo e a scontare una ripresa economica nel 2024.

A cura di Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim