Asset allocation, Cina: attenzione all’attrattivià sovrastimata

Secondo un report di Goldman Sachs di inizio mese, i cicli di debolezza del dollaro Usa tendono a essere positivi per gli asset dei mercati emergenti. Inoltre, nel report viene sottolineata l’attrattività dell’indice MSCI China e dei mercati emergenti del sud-est asiatico nella fase iniziale del ciclo.

Tuttavia, per quanto riguarda la Cina, dati alternativi sembrano suggerire che questa attrattività potrebbe essere sovrastimata. Il primo segnale che la crescita economica cinese potrebbe in realtà non essere così certa viene dai dati immobiliari che indicano già un calo costante delle vendite mensili nel Paese”. L’avvertimento arriva da Sandeep Rao, Head of Research di Leverage Shares, che di seguito illustra nel dettaglio la view.

Il secondo indicatore si può trovare analizzando le statistiche sui viaggi. I dati alternativi provenienti da osservazioni satellitari portano a stimare che sia il trasporto merci che i viaggi non si sono ancora ripresi.

Anche le vendite al dettaglio non mostrano esattamente le stesse traiettorie di crescita viste nel 2020, ovvero prima che la pandemia inducesse un rallentamento.

Infine, il quarto elemento da considerare è il livello delle scorte di acciaio che sono ai massimi storici rispetto a tutto l’anno scorso e a quest’anno. Le scorte di acciaio sono un elemento chiave per identificare se le scorte di prodotti finiti si stanno esaurendo oppure no.

Recentemente, un altro dato ha messo in evidenza quanto i cittadini cinesi si sentano in difficoltà: gli acquirenti di oltre 100 progetti distribuiti in 50 città della Cina hanno interrotto i pagamenti. Complessivamente, il settore immobiliare rappresenta il 25% del PIL cinese e si prevede che almeno il 4,5% di tutti i mutui in essere in Cina ne sarà colpito.

Non sorprende dunque che le banche d’investimento abbiano abbassato la previsione mediana di crescita della Cina per l’anno in corso portandola al 3,4%, mentre Goldman Sachs ha fissato il massimo delle sue stime al 4%. Al vertice BRICS di giugno, invece, il Governo cinese aveva ribadito il target di crescita fissato a circa il 5,5%.

Inoltre, non deve stupire che il Ministero delle Finanze cinese stia considerando di consentire ai governi locali di vendere obbligazioni locali “speciali” per un valore di 220 miliardi di dollari nel secondo semestre di quest’anno. Le vendite di obbligazioni verrebbero anticipate rispetto alla quota del prossimo anno, poiché di solito i governi locali non vendono debito fino al 1° gennaio. Data la centralità della spesa per le infrastrutture per la crescita economica cinese, si chiede ai governi locali di proporre e avviare nuovi progetti il prima possibile.

Tutti questi fattori presentati dovrebbero far comprendere che anche detenere asset cinesi ad alta convinzione potrebbe non rivelarsi una contromisura efficace per i rischi posti, nell’attuale contesto di mercato, dalla debolezza delle economie statunitensi ed europee.

Infatti, in un report del 7 luglio, il team di ricerca basato in Asia di Citigroup ha riscontrato un “livello sorprendentemente basso” di interesse da parte dei clienti nei confronti della Cina nelle discussioni con gli investitori macro incentrate sulla crescita e sulle politiche di stimolo del Paese. I clienti si sono invece concentrati sul mercato indiano e su quello coreano. Analogamente, il nuovo fondo sull’Asia da 8,5 miliardi di dollari di Carlyle Group  si concentrerà maggiormente su India, Sud-Est asiatico, Corea del Sud e Australia.